Comunicato Congiunto delle Associazioni italiane di Antropologia
ANPIA, SIAA, SIAC, SIAM, SIMBDEA
Condividiamo il Comunicato Congiunto, a firma delle cinque associazioni italiane di Antropologia, ad affermare pubblicamente la nostra posizione comune a proposito dei preoccupanti indirizzi emersi dalle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’Infanzia e il Primo Ciclo di Istruzione SIAA – Società Italiana di Antropologia Applicata SIAM – Società italiana di antropologia medica Simbdea ANPIA – Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia
La Società Italiana di Antropologia Culturale (SIAC), la Società Italiana di Antropologia Applicata (SIAA), la Società Italiana di Antropologia Medica (SIAM), la Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici (SIMBDEA) e l’Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia (ANPIA) esprimono profonda preoccupazione in merito alle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’Infanzia e il Primo Ciclo di Istruzione, così come formulate dalla Commissione tecnica istituita dal Ministero dell’Istruzione per la definizione delle Linee di indirizzo dei nuovi curricoli per le scuole dell’infanzia, del primo e del secondo ciclo di istruzione.
Appare ai nostri occhi preoccupante la volontà di intervenire, dall’alto e in una forma apodittica, sui curricula formativi delle più giovani generazioni di cittadine e cittadini e ci inquieta il tentativo di prospettare un simile intervento attraverso un documento che tradisce il tentativo di piegare la formazione scolastica primaria a un progetto ideologico e di parte che, ignorando oltre un secolo di ricerche in ambito storico e socio-culturale, scientemente elimina dalla formazione ogni forma di pensiero critico e la possibilità stessa di un dialogo paritetico tra mondi culturali diversi e comunque, da tempo, inseparabilmente interconnessi.
Temiamo il riemergere, sotto altre forme, di uno statalismo di impianto gentiliano nel quale la Storia (la “nostra”, ovviamente, e lo sviluppo del “nostro” autocosciente Spirito) si attui nella Politica (quella di uno Stato totalitario): uno statalismo fondato su una visione contro-illuministica, nostalgica e, in ultima istanza, antidemocratica, i cui esiti (nelle diverse attuazioni di fascismi, razzismi, colonialismi, etnocentrismi e nazionalismi sostanziati da guerre, stermini e olocausti) si sono palesati in tutta la loro drammaticità durante il secolo scorso.
La postura sottesa al documento ci appare del tutto anacronistica rispetto al mondo in cui viviamo oggi perché animata dal desiderio di riaffermare supremazie culturali e quasi marziali di una idealizzata cultura occidentale e fantasmatica identità nazionale in un mondo che, oramai da qualche secolo, non è più quell’universo di bolle autarchiche, ordinate in una gerarchia indiscussa di impianto evoluzionista e suprematista cui sembra far riferimento l’immaginario politico-culturale di chi ha redatto il documento.
L’antropologia, condividendo un bagaglio di acquisizioni che si fondano sul pensiero critico e sulla lotta contro i pregiudizi, il razzismo, l’etnocentrismo e i rischi del riemergere nel discorso pubblico e nei programmi istituzionali di essenzialismi di sapore neo-fascista, ha contribuito, anche tramite l’impegno nella ricerca sul mondo della scuola e nella formazione degli insegnanti delle ultime generazioni, a promuovere una società più inclusiva e consapevole del valore delle diversità culturali secondo prospettive fatte proprie dalle precedenti indicazioni ministeriali (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012, richiamate nelle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri del 2014).
Per queste ragioni siamo fermamente convinte/i che l’insegnamento della storia, come quello delle scienze sociali, non debba essere strumentalmente orientato a sostenere identità immaginate (la cultura europea, l’identità nazionale) o, addirittura, teso a propugnare una visione assoggettata a fini ideologici della ricerca storica e sociale. Una visione che, epurata di ogni attitudine critica, finisca per asservire la formazione e la stessa ricerca (come, ad esempio, una insostenibile opposizione tra un indiscusso “noi” ed una postulata e infondata “alterità), minandone l’efficacia e l’apertura conoscitiva, così come l’autonomia.