La costruzione della soggettività all’epoca dei social

a cura di Angela Biscaldi, Vincenzo Matera
Rivista di Antropologia Contemporanea - Il Mulino
2022

Deadline delle proposte di contributo: 31 maggio 2021.
Deadline della consegna: 30 settembre 2021

Call for papers per Rivista di Antropologia contemporanea (numero 5/2022)

Arjun Appadurai ha scritto che le migrazioni e le comunicazioni sono alla base dei principali processi di costruzione delle soggettività contemporanee. Dell Hymes, qualche anno prima, aveva sostenuto che la capacità di uno strumento di mediazione come il linguaggio di modellare il pensiero, la visione del mondo, e le emozioni, non è assoluta, ma dipende da quanto e come quello strumento è usato (enunciando il celebre principio della relatività funzionale del linguaggio).

Siamo soliti mettere in evidenza il fatto che l’uso sempre più comune dei nuovi media digitali e, in particolare, dei social media, stia gradualmente ridefinendo il nostro modo di rappresentare e rappresentarci la realtà, quindi di conoscere, di costruirci rappresentazioni del mondo e di noi stessi, così come quello di relazionarci agli altri.

Tuttavia, è anche importante comprendere che la diffusione capillare dei social media modifica i processi di costruzione delle soggettività, le idee di persona, le interpretazioni delle esperienze, delle emozioni, i racconti e le rappresentazioni di esperienze e emozioni.

In un celebre articolo, “Egyptian Melodrama – Technology of the Modern Subject?” (2002), l’antropologa Lila Abu Lughod ha messo in evidenza come la diffusione del melodramma televisivo in Egitto abbia fornito il modello – cui far immaginario riferimento – di un “nuovo” tipo di soggetto, dando origine ad una vera e propria “melodrammatizzazione della coscienza”. Attraverso il melodramma le giovani donne egiziane hanno intrapreso una nuova alfabetizzazione emotiva, mediata anche da un’intensa identificazione con gli attori. Hanno imparato a esprimere (a rappresentare, prima di tutto per sé stesse?) le medesime emozioni dei personaggi televisivi e a leggere e interpretare le proprie esperienze affettive e sentimentali a partire da (o grazie a) un registro melodrammatico.

Sulla scia di questa analisi, possiamo chiederci se oggi non sia in atto un analogo processo di “Instagrammizzazione delle coscienze”. I social media possono essere considerati “tecnologie” per produrre nuove tipologie di Sé? E se sì, quali?

Se è vero, come sostiene Daniel Miller, che il mondo abbia cambiato e stia cambiando i social media, e che quindi non dobbiamo cedere alla tentazione del determinismo tecnologico, non possiamo fare a meno di chiederci se ci sono dei vincoli strutturali – oltre che ideologici – che i nuovi media pongono alla capacità di immaginarsi e, quindi, di agire, degli individui.

Accettiamo entro il 31 maggio 2021 proposte di contributi (abstract in ITA e/o in ING di 250 parole comprensivi di titolo) a carattere prevalentemente etnografico in grado di esplorare l’ambito della costruzione della soggettività in rapporto al tipo particolare di mediazione esercitata dalle varie piattaforme social in contesti socioculturali diversi. I contributi accettati (che non dovranno superare le 45.000 battute spazi inclusi) dovranno essere consegnati entro il 30 settembre 2021.

Inviare le proposte a: v.matera@unibo.it e angela.biscaldi@unimi.it;

per info: ilmulino.rac@gmail.com

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