La sfida di quell’altro modo di possedere: come attraverso la ragione si conserva senza dissipare. Per un’antropologia e giurisprudenza dei Domini collettivi
Panel 30 / Quarto Convegno Nazionale SIAC “Il ritorno del sociale”, Sapienza Università di Roma, 21-22-23 settembre 2023
Proponenti: Marta Villa (Università di Trento), Mauro Iob (Centro studi e documentazione sui demani civici e le proprietà collettive, Università di Trento)
Abstract
I Domini collettivi e le comunità che se ne prendono cura conservando senza dissipare immaginano continuamente l’idea di società. In loro emergono modalità di cura, creazione di economie circolari, attivazione di processi di patrimonializzazione, accentuazione di forme di appartenenza specifiche: ogni contesto evidenzia come queste forme di proprietà siano capaci di innovazione pur legate a tradizionali modalità di governance. Queste forme relazionali sono alternative al capitalismo estrattivo e alle visioni neoliberali dell’economia e della politica che li pone sempre sotto attacco. Possono essere definite come società che costruiscono attraverso creatività, esperienza, storicità modalità di conservazione delle risorse ascrivibili a territori di vita dove la biodiversità viene implementata grazie a processi decisionali collettivi governati dalla ragione spinozista. Come spiegano, Godelier, Sahlins, Nervi e Grossi i Domini collettivi si sono aperti a una stagione basata su un’economia antropologica: sono beni di interesse paesaggistico e le comunità costruttrici di ambienti vitali.
Il Panel chiede una riflessione (casi studio) a proposito di Domini collettivi e:
– forme di aggregazione comunitaria che avvengono al loro interno
– modalità messe in atto per conservare senza dissipare le risorse agro-silvo-pastorali e la crisi climatica
– attacchi subiti da parte privata e pubblica per sottrarre loro la gestione delle terre e delle risorse
– tutela attraverso la Legge 168/2017
Keywords: domini collettivi, governance, biodiversità, tutela, economia antropologica
Lingue accettate: Italiano / English
Sessione I
Giovedì 21/9/2023, ore 14.30-16.15, aula Archeologia, Piano terra
Discussant: Marta Villa (Università di Trento)
Marco Bassi (marco.bassi@unipa.it) (Università di Palermo), I domini collettivi come modalità normale di interazione tra comunità e territorio
Grazie al lavoro di Grossi, ‘un altro modo di possedere’ è diventato, nel contesto italiano, lo slogan delle proprietà collettive rurali, oggi note come domini collettivi grazie al riconoscimento assicurato a livello nazionale dalla Legge 168/2017. L’intento di Grossi era quello di indicare una terza via, alternativa alla proprietà privata o alla gestione pubblica dominanti nella tradizione giuridica e culturale italiana. Come, noto, già la riflessione dell’evoluzionismo ottocentesco aveva qualificato la proprietà privata come un fenomeno emerso in una certa fase evolutiva. Gli studi funzional-strutturalisti della prima metà del Novecento, l’ecologia culturale e l’antropologia ecologica della seconda metà del secolo, l’antropologia ambientale contemporanea, il recente diritto internazionale sui popoli indigeni e vari approcci relativisti allo sviluppo ci permettono di qualificare la proprietà collettiva delle risorse naturali, o, meglio, i diritti d’uso collettivi, come un fenomeno normale dell’interazione tra Uomo e ambiente, là dove si voglia assicurare la sostenibilità di lungo termine. In questa presentazione si porterà quindi una visione comparativa più ampia, nell’intento di mostrare come i diritti d’uso collettivi, variamente articolati, siano una modalità normale dell’interazione sostenibile tra comunità locali e risorse territoriali, oggi promossa internazionalmente attraverso la definizione del concetto di ‘territorio di vita’.
Mauro Iob (mauroiob@mauroiob.it) (Università di Trento), Se non ci fosse un futuro da rispettare, non ci sarebbe nulla da conservare: la Legge 168/2017 per i territori di vita
La Legge 168 appare costruita in modo anomalo: presenta una densità difficilmente riscontrata altrove, è composta da soli 3 articoli che disciplinano quell’altro modo di possedere (Grossi 1977), svelando infiniti collegamenti tra i settori disparati (proprietà, ambiente, lavoro, diritti, sovranità e autonomia della persona) che caratterizzano la vita dell’uomo e le sue relazioni con gli altri e con i beni necessari all’esistenza. È mezzo di attuazione del disposto degli art. 2 (teoria dei diritti), 9 (promozione culturale e tutela di paesaggio e ambiente), 42 (riconoscimento della proprietà privata, di cui quella collettiva è espressione preminente), e 43 della Costituzione, legge fondamentale della Repubblica italiana. I domini collettivi individuano beni in proprietà collettiva come territori di vita, luoghi necessari, oggetto di diritti inalienabili, imprescrittibili e indivisibili. Solo la compenetrazione di uomini e donne, con razionalità e corpo agente (Spinoza 1677), e una porzione di terra, sulla quale questi corpi intelligenti poggiano i piedi, integra esistenza piena e dà senso alla parola dignità. L’oggetto di indagine della 168/2017 è innanzitutto un uomo che vive sulla terra e grazie a questa Terra. I domini collettivi, non sono concetti astratti, sono realtà concrete, formate da persone in carne e ossa e che si possono contare. Attraverso questa prospettiva si comprendono i due elementi costituitivi: le persone e i luoghi, proprietà delle future generazioni.
Caterina Pesci (caterina.pesci@unitn.it) (Università di Trento); Michele Andreaus (michele.andreaus@unitn.it) (Università di Trento); Andrea Girardi (andrea.girardi@unitn.it) (Università di Trento), Governing the commons in action
To achieve an understanding of how environmental stewardship has translated into practice for centuries in the case of Alpine Collective Properties (ACPs), it is necessary to refer to the work that Ostrom (1990) developed by studying Alpine indigenous communities. Even if in the literature there is a renewed attention of management scholars towards CP, the common good and prosocial organisations, the changes that ACPs are currently facing have been investigated by merely focussing on their mission. Scholars have inadequately investigated how the changes in the ACPs’ mission have translated into new governance issues that involve and modify the ACPs’ environmental stewardship. This investigation is important when considering that Bennett et al. (2018) call for practical studies investigating factors that enable or inhibit environmental stewardship. Consequently, this paper aims to fill this gap by addressing the following research questions: RQ1. What are the main governance challenges that inhibit the type of environmental stewardship that stems from Ostrom’s (1990) design principles in large modern ACPs? RQ2. How could environmental stewardship be enabled in ACPs that have experienced deep changes in their mission? To answer the research questions, this paper proposes a case study of the largest ACP, located in Northern Italy. The case study utilises a qualitative analysis of several archival documents and field interviews.
Federico Bigaran (federico.bigaran@gmail.com) (Rete italiana ICCA Consortium), Biodiversità, paesaggio e partecipazione nelle terre comuni
Le attività tradizionalmente coinvolte nella gestione di Domini collettivi sono la raccolta del legname e di specie spontanee, il pascolo, la coltivazione, l’irrigazione, ed in taluni casi anche la pesca e la caccia. Un accorto utilizzo delle risorse agro-silvo-pastorali comuni ne ha evitato l’eccessivo sfruttamento consentendo la loro trasmissione alle nuove generazioni, svolgendo anche un’importante funzione di custodia della biodiversità agraria e alimentare. I domini collettivi sono portatori di valori quali la responsabilità intergenerazionale, la riscoperta delle tradizioni e dell’identità dei luoghi, la solidarietà, la consapevolezza di un rapporto equilibrato e attento con la natura. Tali istituzioni sono costituite da tre componenti principali: le risorse, una comunità che le gestisce e le regole che la comunità si dà per il loro funzionamento. Elementi di successo sono: la comunicazione, la reciprocità, la fiducia, la reputazione, le relazioni sociali, la partecipazione. Accanto ai tradizionali benefici, alcune realtà hanno attivato iniziative per migliorare le condizioni di vita della comunità, il contesto ambientale e paesaggistico e la biodiversità agraria e alimentare. Aiuti alle famiglie in difficoltà, borse di studio, iniziative ricreative e sportive, attività culturali, escursioni, orti sociali, recupero di coltivazioni e varietà storiche, recupero e manutenzione degli habitat naturali, sono alcuni esempi che verranno illustrati e discussi nel panel.
Sessione II
Giovedì 21/9/2023, ore 16.45-18.30, aula Archeologia, Piano terra
Discussant: Mauro Iob (Università di Trento)
Marta Villa (marta.villa@unitn.it) (Università di Trento), Un territorio di vita in pericolo: la difesa del Monte Bondone (Trento) da parte dei domini collettivi che lamentano l’operato opaco dell’Amministrazione pubblica
Il Monte Bondone è territorio di vita compreso entro quello amministrativo del Comune di Trento. Convivono diverse comunità che sono definite frazioni comunali. Si documenta la storia di 3 domini collettivi, Sopramonte, Vigolo Baselga e Baselga del Bondone comparando l’origine della loro fondazione e le traiettorie di sviluppo. Questi domini collettivi e le rispettive ASUC, braccio operativo, seppure riconosciuti e tutelati dalla 168 hanno subito gravi attacchi dall’Amministrazione con l’intento di appropriazione di porzioni di patrimonio (terreni con vincolo di perpetua destinazione agrosilvopastorale), soggetto a regime di inalienabilità, inusucapibilità e indivisibilità in tutela dei diritti delle future generazioni. Il Comune ha escluso le comunità dalla discussione sul futuro del territorio, acuendo le relazioni già tese. I media a cui i proprietari non hanno accesso o non hanno la forza per farlo hanno narrato solo una versione della complessa vicenda che ha portato i rappresentanti delle A.S.U.C a dover intervenire in via giudiziale. Questi ispirano le loro azioni sul principio che il territorio di vita si conserva senza dissipare, le Amministrazioni sembrano interessate a sfruttamento delle risorse scollegato dal territorio e seguendo questa logica mirare a dissolvere il tessuto socio-culturale e disgregare gli elementi costitutivi che la 168 riconosce e difende, diritti inviolabili dell’uomo, come singolo e nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Robert Brugger (robybrugger@gmail.com) (Associazione provinciale A.S.U.C. Trentino), La questione delle occupazioni senza titolo dei territori in proprietà collettiva. Oltre al danno, al risarcimento e alla possibilità di ripristino. Il caso del dominio collettivo di Rover Carbonare
Il paper presenta la ricerca di giustizia da parte del dominio collettivo di Rover Carbonare (Comune di Capriana, Trento), che in nome di un vago e impalpabile benessere o progresso nazionale ha subito gravi sacrifici di persone e territorio con ferite tuttora aperte. La comunità, titolare di proprietà collettiva si oppone a SF Energy srl concessionario di grande derivazione dal torrente Avisio che con la sua diga e opere di produzione di energia occupa ovvero utilizza senza titolo vasti appezzamenti in proprietà collettiva. La concessione della grande derivazione è stata rilasciata nel XX sec. e l’occupazione è in atto dal 1952, anno di avvio dei lavori di costruzione dell’impianto con la diga nella località di Stramentizzo con conseguente scomparsa di villaggi a monte dell’invaso sommersi per decisione dello Stato Centrale. Questa è una “lotta” impari alla “Davide contro Golia” apparentemente tra due opposti interessi pubblici, ambientale e di produzione di energia da fonti rinnovabili, in concreto e innanzitutto tra una collettività con le persone che la costituiscono in difesa del loro diritto ad esistere con e sul proprio territorio di vita e un impersonale leviatano che mira al più grande, facile e immediato profitto senza preciso scopo in contrasto con i più elementari principi del diritto e dell’interesse generale alla tutela dell’ambiente di cui i territori di vita sono espressione. La comunità non ha un tornaconto, ma un obiettivo: restituire dignità a chi spetta.
Elisa Tomasella (tomasellae@gmail.com) (Università di Verona), Gestione dei pascoli collettivi e necessità di assicurare un giusto equilibrio tra utilizzazione diretta e cessione in godimento a terzi
Nei secoli le forme di gestione dei beni collettivi hanno subìto importanti trasformazioni dovute, principalmente, al mutare dei vari contesti economici e sociali in cui ciascuna comunità era calata. Commercio del legname ed allevamento del bestiame, destinato invece per la maggior parte all’autoconsumo personale, erano in passato le principali forme di utilizzazione dei patrimoni collettivi, disciplinate secondo norme consuetudinarie in forza delle quali le esigenze dei singoli venivano contemperate con quelle della comunità insediata nei vari villaggi. Nell’attuale contesto storico-economico-sociale il godimento diretto dei patrimoni antichi da parte di tutta la collettività ha ceduto il passo a forme di godimento indiretto. Le collettività locali sono chiamate a ricercare un equilibrio tra le esigenze delle poche famiglie che ancora praticano l’allevamento in proprio del bestiame e le tensioni derivanti dai profitti che possono essere ricavati dalla concessione a terzi dei pascoli collettivi. Statuti e regolamenti, prodotti dagli ordinamenti giuridici primari collettivi ed espressione della più autentica autonomia statutaria dei domini collettivi riconosciuta dalla L. 168/2017, devono contemperare i diversi interessi nel rispetto delle consuetudini, che costituiscono l’essenza degli assetti fondiari collettivi, valorizzando forme alternative di godimento delle risorse da parte dei foresti, garantendo sempre l’integrità del patrimonio.
Michele Ravaioli (michele.ravaioli98@gmail.com) (Università di Bologna), Un altro modo di sviluppo: i Domini collettivi nel XXI secolo tra aggregazione comunitaria e coscienza ecologica. Un viaggio tra le comunanze agrarie di Massa Martana e Bagnara
I Domini collettivi rispondono a forme tradizionali di gestione comunitaria del territorio, le cui origini derivano da fondazioni giuridico-antropologiche basate sul primato della terra e della comunità (Grossi, 1990). Alla luce della contemporanea crisi socioecologica (Khotari et al, 2019), risulta cruciale valorizzare tali esperienze di autogoverno, foriere di alternative allo sviluppo capitalista estrattivo, in relazione alla duplice funzione di difesa ecologica e di aggregazione del tessuto comunitario che svolgono. Attingendo dai casi studio delle comunanze agrarie di Massa Martana, Viepri e Bagnara – la cui conoscenza è maturata ‘andando, camminando’ (Ingold, 2021), attraverso viaggi e incontri durante cui ho parlato con rappresentanti e utenti degli enti collettivi – l’articolo mira ad approfondire le funzioni e i ruoli che oggi caratterizzano tali enti. Infatti, pur avendo tendenzialmente trasformato le proprie attività in relazione ai tempi mutati, essi mantengono tuttora un ruolo centrale in seno alle comunità locali, dimostrando resilienza ai cambiamenti e capacità di agire tanto come volani di uno sviluppo eco-compatibile quanto come baluardi ecologici e forze coesive aggreganti la comunità. Pertanto, inquadrare i Domini collettivi come spazi del possibile, come punti di partenza da cui immaginare potenziali futuri desiderabili, potrebbe rivelarsi una modalità creativa di affrontare le sfide della contemporaneità, verso un altro modo di sviluppo.