Panel 02

Trasformazioni urbane e ritorno del sociale: politiche, pratiche, progetti ed eredità

Panel 02 / Quarto Convegno Nazionale SIAC “Il ritorno del sociale”, Sapienza Università di Roma, 21-22-23 settembre 2023

Proponenti: Paolo Grassi (Università di Milano – Bicocca), Luca Rimoldi (Università di Milano – Bicocca), Giacomo Pozzi (IULM Milano)

Abstract

Se da un lato il campo delle trasformazioni urbane, intese come esito di implementazione, tra le altre, di politiche di rigenerazione e di digitalizzazione, è emerso come strumento di competizione tra le città per l’attrazione di capitali, dall’altro ha delineato una serie di interventi volti a produrre modelli di vita urbana significativi e sostenibili per le persone, le comunità e i luoghi. Le basi teoriche su cui poggiano questi processi si collocano lungo due tradizioni progettuali e politiche opposte: la prima di stampo neoliberista, che prevede il progressivo arretramento dello Stato sociale e l’avanzata del settore privato (anche in seguito a processi connessi di finanziarizzazione e turistificazione), la seconda universalistica, che sostiene la centralità del pubblico nella progettazione urbana. Tra le pieghe di tale dicotomia, nelle politiche, nelle pratiche e nei progetti di trasformazione urbana, è possibile osservare 1. i “profili” urbani e le modalità di percezione e fruizione degli spazi 2. l’organizzazione ideologica e i funzionamenti degli apparati pubblici e privati che innescano tali processi e 3. le risposte sociali locali a fenomeni globali. A partire da questa constatazione, obiettivo principale del panel è quello di raccogliere riflessioni che, partendo da consolidate esperienze etnografiche, siano in grado di cogliere la complessità delle implicazioni storiche e sociali nei processi di trasformazione urbana nel Nord come nel Sud Globale.

Keywords: trasformazioni, città, rigenerazione, turistificazione, digitalizzazione

Lingue accettate: Italiano / English

 

Sessione I

Venerdì 22/9/23, ore 14.30-16.15, aula Magna, Primo piano

Vincenzo Luca Lo Re (vincenzo.lore@unict.it) (Università di Catania), Qui siamo tutti congiunti!  Recupero degli spazi e riproduzione sociale nella Città vecchia di Taranto

Lo studio delle pratiche di recupero degli spazi abbandonati richiede uno sguardo critico e cosciente delle interdipendenze tra espansione e contrazione urbana. La tesi di Lefebvre riguardo alla generalizzazione dell’urbanizzazione capitalista come un processo di “implosione-esplosione” evidenzia i legami ricorsivi tra le forme capitalistiche di agglomerazione e le più ampie trasformazioni del territorio. L’etnografia nel contesto della Città vecchia di Taranto, ponendo al centro la relazione tra abbandono e recupero degli spazi, ha evidenziato le forze sociali e gli interessi che si muovono in modo opposto e interattivo. L’abbandono e il degrado fisico rendono critico l’accesso agli spazi e minacciano la continuità abitativa dei soggetti marginalizzati dalla modernizzazione industriale della città. Il recupero degli spazi rivela la sua natura di azione e questione sociale, rispetto alla capacità di dare continuità ai processi abitativi e alla tenuta delle relazioni sociali. Durante la riapertura della Chiesa dei Santi Medici, per lungo tempo abbandonata, gli abitanti della Città Vecchia tentano di rispondere alla marginalità prodotta dall’espansione urbana. Queste pratiche di recupero degli spazi vengono sostenute dall’esigenza di riproduzione delle relazioni e delle persone che nella Città vecchia si ritrovano a sfidare sia l’abbandono sia le forme di sviluppo urbano, rintracciando in specifici edifici e strade delle forze di connessione sociale.

Ferdinando Fava (ferdinando.fava@unipd.it) (Università degli studi di Padova), Il potere dell’immagine: iconicità e resistenza a un progetto di logistica e-commerce

A partire da uno studio di caso locale, le traversie recenti di un progetto di logistica e-commerce nel parmense, intendo mostrare come l’immagine della trasformazione territoriale di cui è portatore, contiene, implicita un universo sociale “virtuale” che viene a confligge con quello “reale” che intende “valorizzare” e che permette di manifestarsi. Dopo una breve storia sociale del progetto, mi interrogherò sul suo statuto iconico e agentivo in quanto effetto delle relazioni degli attori sociali che vi sono a monte, “i funzionamenti degli apparati pubblici e privati” che lo hanno innescato, come anche causa, grazie al suo apparire nella scena pubblica, di legami altri, quelli che hanno permesso ad attori sociali diversi di costituirsi come risposte/reazioni locali inattese. L’immagine di questa trasformazione territoriale è ponte tra l’esistente e il non ancora, non solo circa le modalità di percezione e di fruizione degli spazi (esistenti e possibili) ma anche riguardo all’organizzazione ideologica che governa l’immagine stessa e gli eventi futuri di cui intende essere catodo. In questa dialettica tra esistente e possibile, reale e virtuale, per tutti gli attori coinvolti si gioca la percezione del conflitto, della incertezza, della ineluttabilità e del potere.

Irene Falconieri (irene.falconieri@unict.it) (Università di Catania), Ecotoni urbani. Uno sguardo etnografico su due quartieri del centro storico di Catania

Il paper analizza i processi di trasformazione attualmente in atto in due realtà del centro storico di Catania: il quartiere San Berillo e l’area attorno al mercato “Pescheria”. Questi luoghi, saldamente radicati nell’immaginario storico-popolare della città, sono oggi attraversati da forme di mobilità profondamente diverse tra loro ma che contribuiscono tutte a ridefinire la materialità dello spazio urbano, i suoi immaginari e le relazioni che lo attraversano. Se nelle abitazioni in disuso del primo hanno trovato un alloggio precario e malsano nuove soggettività migranti giunte in città spesso in condizioni di irregolarità, nel secondo le abitazioni sono state trasformate in case vacanze da immettere nel mercato del turismo. Così come osservabile nel più ampio contesto cittadino, negli ultimi cinque anni il politico, con le sue diramazioni istituzionali, si è sottratto alla gestione tanto dei luoghi quanto dei fenomeni, demandandola all’impresa privata, al privato sociale e al mondo dell’associazionismo. Attraverso il concetto di ecotono, utilizzato in ecologia per definire una zona di transizione e di tensione fra due o più comunità biologiche diverse, e con un approccio multiscalare (Çaglar, Schiller 2018) i dati raccolti nell’ambito di tre diverse ricerche etnografiche condotte a partire dal 2020 permetteranno di mostrare come il vuoto istituzionale abbia generato pratiche e relazioni sociali complesse che contribuiscono a ridefinire la città.

Lorenzo Betti (lorenzo.betti@unife.it) (Università di Ferrara); Alfredo Alietti (alfredo.alietti@unife.it) (Università di Ferrara), Politiche per la casa pubblica tra sindemia e intervento sociale. Un’etnografia sui percorsi abitativi con morosità nell’ERP ferrarese

Il patrimonio di edilizia residenziale pubblica (ERP) negli ultimi anni è andato costantemente riducendosi. Parallelamente a questa riduzione dell’ERP sono aumentate le diseguaglianze socioeconomiche ampliando la fascia di popolazione che, in condizioni di fragilità, ha diritto ad accedere alla casa pubblica. L’imbuto che si è venuto a creare ha prodotto un discrimine per l’accesso all’ERP, discrimine che permette di assegnare questi immobili solamente a inquiline/i in condizione di sempre più alta fragilità. La sindemia – concetto che mette in interrelazione le condizioni di salute con quelle socio-economiche – ha influito sui percorsi di chi si trova in condizioni più fragili e, nonostante in questo periodo si siano sviluppate attività sociali e assistenziali innovative, le traiettorie di vita di chi si trova in situazione di fragilità non sembra abbiano teso a migliorare, tutt’altro. In questo contesto, nel territorio della provincia e della città di Ferrara, è in corso un’analisi etnografica sulle traiettorie di vita di chi, residente in ERP, fatica nella gestione ordinaria dei bassi pagamenti attribuiti andando a trovarsi in condizioni di morosità con l’ente gestore spesso anche elevate. Il contributo va quindi ad indagare come una fascia molto fragile della popolazione si inserisce all’interno delle politiche abitative e sociali andando ad evidenziare criticità e potenzialità nell’implementazione di queste ultime a partire dagli esiti sulle vite delle persone.

 

Sessione II

Venerdì 22/9/23, ore 16.45-18.30, aula Magna, Primo piano

Federico Scarpelli (fscarpelli@unisa.it) (Università di Salerno), La gentrification è “buona da pensare”?

Facendo riferimento alle ricerche svolte a Roma nei rioni Esquilino e Trastevere (e a quelle portate a termine nella capitale negli stessi anni da altri studiosi, da Monti, a Testaccio, al Pigneto), si vuole riflettere su alcuni limiti e rischi connessi all’uso della categoria di gentrification. Questa resta beninteso una nozione importante nell’analisi di molte trasformazioni urbane contemporanee. Sottolinea gli effetti in termini di diseguaglianze e in generale il peso degli interessi privati entro processi di cosiddetta “riqualificazione” e “rigenerazione”, spesso connessi all’estetizzazione e alla turistificazione degli spazi urbani. Il suo essere una categoria al tempo stesso descrittiva e valutativa risulta efficace nell’evidenziare questi aspetti generali dello sviluppo urbano, ma non lo è altrettanto quando si tratta di cogliere sul piano etnografico la specificità di luoghi e contesti e il senso attribuito ai cambiamenti. Quel che si intende sostenere è che un modello rigido e univoco di gentrificazione – nelle sue dimensioni fondamentali del displacement e dell’omologazione – rischia di produrre risultati predeterminati già in partenza, nascondendo eventuali esiti creativi, e non solo distruttivi, delle trasformazioni. Rischia di esserne impoverita soprattutto la lettura di quei processi informali e “dal basso” di risignificazione dei luoghi urbani, che l’etnografia più di qualsiasi altro strumento è in grado di cogliere.

Francesco Pompeo (francesco.pompeo@uniroma3.it) (Università di Roma Tre), Quale governance per quale rigenerazione. Pratiche e processi di trasformazione in una ex-periferia romana

L’appropriazione antropologico-critica della nozione di trasformazione urbana è particolarmente utile all’analisi multiscalare dei processi locali nell’Italia contemporanea. Si tratta infatti di un riferimento ricorrente nel discorso pubblico: così nella categoria polisemica della “rigenerazione” assistiamo sempre di più semplicemente ad una risemantizzazione cosmetica della gentrificazione che ora tiene magicamente insieme sostenibilità e neoliberismo. Le strategie di risposta più avanzate, nei territori, si concentrano sulla partecipazione e sull’attuazione di una nuova governance condivisa. Sulla base di un’etnografia di ricerca-azione a lungo termine nella periferia storica di Roma, nel Casilino-Prenestino (quasi un comune di 230.000 abitanti), mostreremo come una politica di governance e partecipazione basata solo sull’evocazione retorica, senza profondità analitica e riflessività, possa presentare molti punti ciechi concettuali e contraddizioni di cui l’amministrazione locale fatica a tenere conto. Questo processo avviene spesso in modo contraddittorio tra il riconoscimento degli attori della cosiddetta “società civile” (stakeholder), dove entra in gioco l’esperienza, cioè la competenza, e l’anonimato ideologicamente rivendicato della voce dei “cittadini”. Le due interlocuzioni, evocate come forme di catarsi della politica, realizzano una convergenza tra la pratica dei populisti e quella dei tecnocrati: si tratta in definitiva della stessa de-politicizzazione.

Alice Mandracci (alice.mandracci@edu.unito.it) (Università di Torino), Borgo liminale: margini di agency progettuale e articolazioni di una duplice eredità

Borgo San Paolo è un quartiere torinese dal profilo identitario liminale e dai connotati incerti: il ricorso al suo glorioso passato industriale quale cifra distintiva è un tratto ricorrente per i suoi abitanti, che lo identificano quale importante eredità. Il processo di deindustrializzazione, tuttavia, è stato storicamente assai conflittuale: già a partire dagli anni ‘70, infatti, gli abitanti hanno assunto una postura critica nei confronti delle trasformazioni che avrebbero investito il loro spazio di vita. La terziarizzazione, i progetti partecipati e, soprattutto, la gentrification (Semi, 2015) hanno concorso a mutare profondamente il profilo del quartiere: se l’architettura codifica i rapporti tra le persone (Foucault, 1994), la sua progettazione risulta cruciale soprattutto nella misura in cui si delineano gruppi di attori sociali portatori di interessi e politiche culturali (Cacchioni, 2017) speculari. In questo intervento, dunque, mi focalizzerò sulla traiettoria della lunga ‘rigenerazione’ di questa eredità industriale e sulle sue implicazioni: tramite il ricorso all’esperienza etnografica, si darà conto del significato delle azioni di contestazione – caratterizzatesi spesso quali risposte locali ad istanze e modelli culturali di più ampio respiro – nonché di alcuni esempi di riconosciuta evoluzione virtuosa che si sono avvicendati negli ultimi vent’anni, approfondendo le diverse modalità entro cui questi abitanti hanno messo in campo il proprio margine di agency.

Valentina Porcellana (v.porcellana@univda.it) (Università della Valle d’Aosta), Osservare e accompagnare i processi di trasformazione. Il caso del quartiere Cogne di Aosta

L’intervento intende riflettere sui primi esiti di un percorso di ricerca-azione avviato nel 2023 nel quartiere Cogne della città di Aosta, che, insieme al quartiere Dora, è al centro di un ampio progetto di riqualificazione all’interno del “Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare”. Entro il 2026 ingenti investimenti pubblici contribuiranno a trasformare, dal punto di vista architettonico, urbanistico, energetico e con forti ricadute sociali, i due quartieri legati alla storia operaia della città. Nonostante una relativa centralità spaziale, i due quartieri hanno vissuto un processo di abbandono dovuto alle trasformazioni economiche e all’indebolimento della struttura industriale della città alpina, assumendo sempre più le caratteristiche di periferie degradate. Per osservare e accompagnare le fasi della trasformazione è stato istituito un gruppo di lavoro in cui l’amministrazione comunale, l’università (nella sua componente antropologica) e le associazioni locali collaborano per rendere il processo il più possibile fruibile e condiviso con gli abitanti.

 

Sessione III

Sabato 23/9/23, ore 9.00-10.45, aula Magna, Primo piano

Lorenzo D’orsi (lorenzo.dorsi@unifg.it) (Università di Foggia), Fantasie di turismo a Gela

Sulla base di un’etnografia condotta tra il 2021 e il 2022, questo paper esplora le fantasie di sviluppo turistico a Gela, città della Sicilia sud-occidentale caratterizzata da un impianto petrolchimico oramai in dismissione. L’arrivo dell’industria negli anni ’60 ha veicolato un potente immaginario di progresso, modernità e redenzione dalla povertà che, tuttavia, non ha condotto a uno sviluppo di lungo periodo ma a una la crescita urbanistica incontrollata. A lungo considerata città tossica e capitale italiana dell’abusivismo edilizio, Gela è oggi contraddistinta da un processo di spopolamento e incertezza economica in cui l’orizzonte industriale è affiancato da nuove narrative incentrate sulla valorizzazione del patrimonio archeologico e naturale. Più che esplorare le concrete possibilità di rilancio territoriale, il paper analizza il modo in cui lo sguardo turistico è incorporato nella vita quotidiana. In quanto antitetica alle esperienze all’ordinario, la fantasia turistica permette di sopportare un paesaggio fatto di spazzatura, decadenza, inquinamento, rovine e assenza di infrastrutture. Lo sguardo turistico è utilizzato come filtro morale attraverso cui disciplinare i comportamenti quotidiani e “riparare” una storia andata nella direzione sbagliata. Essa pone le basi per una nuova narrativa di autenticità in cui la modernità industriale è vissuta come tradimento di una identità più autentica che affonda le radici nel trascorso contadino e in lontano passato greco.

Giuseppe Scandurra (giuseppe.scandurra@unife.it) (Università di Ferrara); Luca Gulli (luca.gull@gmail.com) (Ministero della Cultura), “Modello Bologna”: Trasformazioni pratiche, progetti ed eredità di una città

Ricostruendo a cominciare dagli anni Settanta lo sviluppo civile, economico e fisico della città di Bologna emerge come questo sia lontano da quel “modello” unitario e integrato, complessivo e coordinato che generalmente la cultura disciplinare-urbanistica ha diffuso. Emerge, invece, come tale sviluppo sia stato governato attraverso un approccio pragmatico e direttamente operativo, nel quale molti moduli tematici e questioni di sviluppo territoriale sono stati definiti settorialmente e poi tenuti assieme attraverso un approccio gestionale e negoziale di cornice. L’esame delle sole previsioni urbanistiche, dei documenti di piano e delle disposizioni regolamentari non sembra sufficiente. L’impressione, all’opposto, è che quello che emerge è la loro incapacità, storicamente crescente, di anticipare le trasformazioni e di guidare lo sviluppo urbanistico in coerenza con le domande dei soggetti sociali; per questo è necessario confrontarsi con i processi di decisione e negoziazione politica le che hanno guidato i soggetti protagonisti, ma soprattutto è indispensabile rileggere le previsioni di politica territoriale in relazione all’evoluzione dei luoghi che appartengono alla città concreta. Oggetto del nostro intervento è quello di indagare come ha preso un piede un “modello” di sviluppo utilizzando ricerche etnografiche recenti capaci di cogliere la complessità delle implicazioni storiche e sociali nei processi di trasformazione urbana a partire dalla città di Bologna.

Gaetano Mangiameli (gaetano.mangiameli@unimi.it) (Università di Milano), Gli orti urbani come incubatori di trasformazione

In questo intervento, sulla base di una prolungata ricerca in Emilia-Romagna (2011-2021), prendendo atto del ruolo degli attori istituzionali e delle imprese nel concepire e guidare una parte consistente delle trasformazioni urbane, si intende riflettere su uno spazio residuale nel quale sia possibile pensare e collocare l’efficacia dell’azione marginale delle persone ai fini della ristrutturazione della vita urbana in direzione della sostenibilità, dell’inclusione, del consumo critico  e della costruzione del sociale, in un contesto di impoverimento degli immaginari rispetto al quale è necessario individuare contromisure percorribili. A questo proposito, l’universo degli orti urbani sarà interpretato come strumento per educare l’attenzione ai processi sociali che caratterizzano la città in trasformazione, perseguendo una forma di creatività connaturata alla curvatura dell’esperienza negli orti per far fronte alle esigenze e alle sfide della vita urbana. Contro ogni concezione verticistica che progetti dall’alto trasformazioni anche in un senso auspicabile, si sottolineerà la rilevanza e la profondità delle pratiche dal basso, indipendentemente dalla loro connessione esplicita e consapevole a un progetto.

Laura Raccanelli (l.raccanelli@campus.unimib.it) (Università di Milano Bicocca), Addomesticare la wilderness. Nature tossiche e greenification a Corvetto, Milano

Dall’inizio del secolo scorso, in particolare sul modello della Città Giardino, l’immaginario della natura urbana ha influenzato la costruzione dei nuovi quartieri di edilizia residenziale pubblica. Propongo di leggere la periferia come lo spazio in cui si rivelano le articolazioni tra città e campagna, selvatico e addomesticato, centro e margine, nelle loro rotture, continuità e contraddizioni. Milano è particolarmente interessante per analizzare il meccanismo estetico attraverso cui si modellano gli immaginari urbani dominanti, oggi costruiti da rendering e da un ampio patrimonio simbolico legato a rigenerazione, al green- e social- washing. La mia presentazione mostrerà un frammento dell’etnografia – ancora in corso – dei processi di beautification e delle politiche dell’unwanted nel quartiere periferico di Corvetto, concentrandomi su produzione e sfruttamento dell’immaginario del verde urbano e sul processo in corso di greenification del quartiere. Presenterò il caso di Porto di Mare, un’area selvatica ai confini del quartiere fortemente stigmatizzata e criminalizzata per la presenza di una zona anche nota come “il bosco della droga” e per un vecchio scandalo che coinvolgeva terreni inquinati e false bonifiche, oggi attraversata da nuovi progetti di riqualificazione che da un lato hanno espulso presenze indesiderate, dall’altro hanno avallato gli interessi dei grandi capitali per la costruzione dei nuovi impianti delle prossime Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026.

 

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