Piccoli paesi crescono. Domande, osservazioni, critiche e pratiche nei territori che cambiano
Panel 01 / Quarto Convegno Nazionale SIAC “Il ritorno del sociale”, Sapienza Università di Roma, 21-22-23 settembre 2023
Proponenti: Letizia Bindi (Università del Molise), Raffaele Spadano (Università della Valle D’Aosta)
Abstract
L’idea di questo panel è quella di fornire uno spazio di confronto per tutti coloro che a partire da una formazione antropologica e nel quadro sia di attività di ricerca che di public engagement si impegnano in favore dei territori e a fianco delle diverse componenti sociali nei piccoli contesti rurali, montani, nelle aree cosiddette ‘interne’, fragili, remote. Il confronto tra cornici di investimento e trasformazione, sviluppatesi negli ultimi anni in special modo a seguito anche della fase pandemica, con la presente fase di sviluppo di progetti strutturati del PNRR e di altre misure connesse alla transizione ecologica, energetica e digitale fornisce l’opportunità per ripensare le categorie fondamentali delle discipline demo-etno-antropologiche: quelle di confini, di patrimoni, di identità, di comunità, di comprensione, di restituzione, così come quelle maggiormente connesse alla fase più recente degli studi: quelle di sviluppo, di rigenerazione, di continuità e trasformazione. Volutamente i due convenors rappresentano due generazioni e conseguentemente due diversi percorsi di formazione così come realtà territoriali diverse e di esperienze rilevanti sul piano della rigenerazione territoriale, proponendosi in questo panel di incrociare e confrontarsi con altre esperienze e riflessioni teorico-metodologiche simili, con l’intento di sviluppare nuove modalità di ricerca e nuove forme di interazione e mediazione con le collettività con cui lavorano.
Keywords: rigenerazione, transizione ecologica, aree interne, governance, partecipazione
Lingue accettate: Italiano / English / Français / Español
Sessione I
Giovedì 21/9/23, ore 14.30-16.15, aula Chabod, Terzo piano
Mirco Di Sandro (mirco.disandro@uniroma3.it) (Università di Roma Tre); Esterina Incollingo (e.incollingo@studenti.unimol.it) (Università del Molise), Territorializzare i saperi e favorire la coscienza di luogo. L’esperienza del CISAV nell’alta valle del Volturno
L’intervento propone una riflessione sulla promozione di interventi culturali inclusivi e collaborativi nei piccoli paesi dell’Italia interna, a partire dall’esperienza del CISAV in Molise. L’associazione nasce nell’alta Valle del Volturno agli inizi del 2021 al fine di favorire e sostenere processi di patrimonializzazione “dal basso” volti a contrastare un certo uso del territorio – sempre più votato alla turistificazione massiva e brutale – e ad accrescere il senso di solidarietà e reciprocità, la partecipazione sociale e la coscienza di luogo delle comunità locali, per mezzo di un loro coinvolgimento attivo e consapevole. La “territorializzazione dei saperi” – parafrasando il titolo della collana di studi autoprodotta (Saperi Territorializzati) – rappresenta il mezzo e il fine dell’azione del CISAV: iscrivendo e riconducendo il sapere nei luoghi si intende produrre conoscenze in grado di agire il cambiamento e ad accrescere il senso di identificazione, invertendo la rotta della marginalizzazione territoriale. Ripercorrendo i principali progetti realizzati dal CISAV nel corso degli ultimi due anni, l’intervento discute le nozioni di cultura, comunità, coesione e partecipazione nei contesti dei piccoli paesi, alla luce delle nuove sfide che le società post-sindemiche dovranno affrontare nei tempi a venire.
Alessandro Lutri (alelutri@unict.it) (Università di Catania), Dalla cultura estrattiva alla cultura rigenerativa nella terra dei fuochi gelese
Il contributo propone una riflessione sull’agency ecologico-politica manifestata dal nuovo ambientalismo nel territorio tardo-industriale (agricolo e petrolchimico) di Gela. Un’agency che ha permesso agli attivisti ambientalisti della LIPU di Niscemi e Gela di riappropriarsi di quel suolo di cui i suoi tanti abitanti (animali-umani-vegetali) sono stati espropriati con la presenza dell’ecologia delle piantagioni industriali, e che è stata orientata a cercare di rigenerare la sua vivibilità socioecologica, attraverso sia l’incremento della biodiversità, sia l’avvio di una innovativa produttività agroecologica e una fruizione ecoturistica del patrimonio territoriale. Con questa prospettiva di rigenerazione ecologica e territoriale l’Università di Catania ha avviato una proficua collaborazione nell’ambito di un progetto di ateneo interdisciplinare (antropologia, geografia, sociologia e storia ambientale) denominato “REVERSE. L’Antropocene capovolto”, che sta producendo una reciproca contaminazione in termini di connessioni tra la rigenerazione ambientale del mondo di relazioni multispecie (vegetale-animale-umano), e un incremento delle relazioni sociali e conoscitive che l’accademia ha implementato, con cui stanno trasformando il loro modo di guardare al futuro di questo territorio, andando oltre le rovine del capitalismo industriale, impegnando i diversi soggetti impegnati in quest’ultime a sostenere una più ampia ed efficiente rigenerazione ecologica e territoriale.
Barbara Mercurio (b.mercurio1@studenti.unimol.it) (Università del Molise), Territori di prossimità. Processi partecipativi di rigenerazione, cittadinanza attiva e servizi fondamentali
Il progetto di ricerca “Territori di prossimità. Processi partecipativi di rigenerazione, cittadinanza attiva e servizi fondamentali” ha visto il suo sviluppo nel quadro della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI). Oggetto di studio è l’area del Fortore che, in qualità di Area Interna pilota della SNAI, interessa il territorio molisano della “Valle del Fortore”, un’area di confine tra Puglia e Campania composta da dodici municipalità. Come lo stesso titolo suggerisce, l’obiettivo principale del progetto trova piena affermazione nell’espressione “territori di prossimità” e, dunque, nell’identificazione di tutti i “servizi” che le comunità dei dodici comuni dell’area considerano essere fondamentali, al fine di facilitare processi di rigenerazione in tutto il territorio. La ricerca, pertanto, è volta all’approfondimento della dicotomia di compartecipazione e gestione dei servizi fondamentali tra il pubblico (istituzioni locali, regionali e nazionali) ed il privato. In coerenza con i principi della ricerca grounded e dell’indagine etnografica, nonché con i paradigmi dell’antropologia applicata, lo studio parte dall’osservazione e dall’interazione con le cittadinanze locali (custodi e practitioners dei saperi e delle pratiche dei territori interessati dall’indagine), attraverso le diverse espressioni di cittadinanza attiva, al fine di individuare casi studio etnografici che possano garantire un’adeguata restituzione a tutta la popolazione dell’area del Fortore.
Giulia Mascadri (mascadrigiulia@gmail.com) (GREEN Università della Valle d’Aosta); Gabriele Orlandi (gabriele.orlandi@yahoo.com) (Aix-Marseille Université / Università della Valle d’Aosta), Solo scatole da riempire? ricerca partecipata e pratiche di rigenerazione sociale in ambiente alpino
Espressione di un discorso che valorizza le molteplici qualità della “società civile”, in termini di capacità di autorganizzazione, flessibilità, inventiva, le politiche culturali partecipative, in cui sempre più antropologi e antropologhe si trovano a operare, mirano ad “attivare” le energie presenti in determinate configurazioni sociali, così che questi ultimi possano ricercare e attrarre le risorse di cui hanno bisogno. Muovendo da queste premesse, questa comunicazione presenta i primi risultati di un percorso di progettazione partecipata in valle Maira (Alpi piemontesi) che coinvolge i due autori nell’ambito di una progettualità PNRR. Puntando a elaborare nuove forme di gestione del patrimonio edilizio locale, gli interventi immateriali del progetto B.R.I.C.A mirano – anche attraverso l’accompagnamento alla costituzione di una cooperativa di comunità – a rispondere ai deficit di cittadinanza che questo territorio fortemente turistico ha mostrato, in particolare a partire dall’emergenza Covid. Attenta alla pluralità di valori e relazioni con il territorio degli abitanti, e alla loro collocazione nello spazio sociale locale (Bruneau et al. (eds.) 2018), la ricerca partecipata diventa così lo strumento per immaginare nuove pratiche sociali per questi spazi vuoti (Viazzo e Zanini 2014) affinché possano diventare gli “inneschi” (Ostanel 2017) di una rivitalizzazione, contribuendo a contrastare il declino demografico che caratterizza quest’area.
Marina Berardi (marina.berardi@unibas.it) (Università della Basilicata), Trame, rappresentazioni, immaginario vernacolare e comunità in transito. Un’etnografia dei piccoli paesi in un’area del Materano
Dopo aver vissuto etnograficamente la vita di tre comunità del Materano con meno di cinquemila abitanti e partendo dal fenomeno inequivocabile del declino demografico, si propone una riflessione critica che mira a decostruire la categoria di spopolamento attraverso un’ampia, articolata e densa lettura dei modi in cui tale processo viene vissuto, incorporato, percepito e rappresentato dagli abitanti delle singole comunità e dalle rispettive comunità diasporiche. Indispensabile, in tale percorso di ricerca, è stato l’uso degli strumenti audiovisivi che hanno restituito la complessità dei modi in cui si costruiscono le rappresentazioni dei modi in cui viene elaborato un sentimento intorno ai luoghi sia attraverso la realizzazione di narrazioni visuali in forme autoriali, ma anche esplorando la produzione vernacolare di immagini che, a loro volta, attingono a pratiche inedite della memoria. La produzione visuale come parte integrante della metodologia ha reso possibile accedere alle rappresentazioni sulle quali vengono fatte filtrare le narrazioni, messe in filigrana dai dispositivi audiovisivi i quali costituiscono le trame su cui poggiano la vista e l’udito in ordini di senso nuovi. Attraverso questa prospettiva lo studio e la riflessione critica intorno allo spopolamento ci porta su una mappa di luoghi di frontiera in cui si trovano spazi carichi di significato e spazi attivi di interpretazione locale.
Riccardo Franchini (riccardofranchini91@gmail.com) (Scuola di Ecologia Politica in montagna); Andrea Zarrilli (patzar91@gmail.com) (Scuola di Ecologia Politica in montagna), Traiettorie d’abitare. Storie di arrivi e ritorni in Appennino
La Scuola di Ecologia Politica in Montagna nasce a Castiglione dei Pepoli, nell’Appennino bolognese, con l’intento di creare un presidio di ricerca e progettazione capace di osservare il territorio e le sue comunità – umane e non – e di proporre percorsi partecipati di azione pubblica, in una cornice di giustizia ambientale e sociale. In tale contesto si forma il gruppo di ricerca/azione “Traiettorie d’abitare”, con l’obiettivo di indagare le motivazioni materiali e immateriali del ripopolamento attraverso le storie di vita di chi negli ultimi dieci anni ha scelto di abitare e risignificare queste aree interne. Qualità della vita, emergenza climatica, accessibilità degli alloggi, nuove forme di imprenditorialità e crisi del modello urbano, rendono difatti la montagna un luogo di possibilità e sperimentazione, anche sul piano relazionale, seppur non privo di conflitti e criticità. Lo studio consente inoltre di investigare percezioni, auto-rappresentazioni, immaginari e desideri della comunità, arricchendo il panorama degli studi che provano ad indagare le dinamiche di abbandono e ritorno nelle aree interne.
Le voci degli intervistati sono state infine raccolte in un audio-documentario. L’idea di una produzione multimediale nasce dal desiderio di includere paesaggi sonori difficilmente narrabili in forma scritta e dalla volontà di proporre una restituzione fruibile e stimolante per la comunità che da quattro anni accoglie le attività della Scuola.
Sessione II
Giovedì 21/9/23, ore 16.45-18.30, aula Chabod, Terzo piano
Vita Santoro (vita.santoro@unibas.it) (Università della Basilicata), Ri-generare identità e appartenenze di là dalle categorie e dagli immaginari sui margini. Riflessioni da una esperienza etnografica nella Basilicata interna
A partire da una ricerca etnografica in un paesino ai piedi del Monte Pollino, in Basilicata, l’intervento si propone, da un lato, di riflettere intorno al valore epistemologico dell’ambiguo e ambivalente concetto di “margine”, il quale è adoperato per indicare una posizione nello spazio fisico, ma può assumere anche caratteri simbolici e morali (Saitta 2017) se riferito a individui o gruppi di persone; dall’altro, intende discutere criticamente i meccanismi di riproduzione di centralità e marginalità nel più ampio panorama nazionale delle politiche di coesione e rigenerazione territoriale. L’etnografia di lungo periodo ha consentito di delineare: le molteplici e complesse relazioni tra differenti regimi di mobilità che hanno attraversato in passato o attraversano oggi tale “area interna”, mediante l’osservazione di peculiari modalità dell’abitarla rispetto ai polarizzati centri regionali del potere, e con pratiche di territorializzazione intese come riconfigurazione della complessità (Deleuze, Guattari 2017), oltre che l’impatto delle politiche locali e sovralocali. Nella condizione interstiziale (Brighenti, Mattiucci 2017) in cui tali spazi sono attualmente abitati, emergono interessanti strategie mediante le quali i giovani del paese ne ridefiniscono agentivamente l’appartenenza in quanto “restanti” (Teti 2022) nel Sud e ripensano le identità (Palumbo 2001) giocando creativamente con stereotipi, narrazioni, immaginari, relativi alla “internità”, geografica o umana che sia.
Flavio Lorenzoni (flavio.lorenzoni23@gmail.com) (ANPIA), Gestire. Una riflessione antropologica nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise
Con questo paper si intende sviluppare una riflessione rispetto ad alcuni dei temi posti dal panel. In che modo interagiscono oggi i patrimoni (in particolar modo quello culturale e quello paesaggistico/naturalistico), e i reciproci percorsi di tutela, conservazione, valorizzazione? Attraverso quali strategie le comunità locali patrimonializzano se stesse e ciò che le circonda? Qual è il rapporto tra queste ultime e le istituzioni (comunali, provinciali, regionali, interregionali) di riferimento? E soprattutto, come si posiziona l’antropologo in questi scenari?
Il paper vuole avviare una riflessione e un confronto intorno a questi interrogativi partendo dall’esperienza di ricerca maturata presso il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise nel 2022. La ricerca ha coinvolto due comunità del Parco: Pescasseroli nel versante abruzzese e Picinisco nel versante laziale. Essa si è svolta negli spazi interstiziali tra le categorie riflessive e le metodologie dell’antropologia del patrimonio e quelle dell’antropologia ambientale concentrandosi sul delicato rapporto, pervasivo nell’area naturale protetta, tra ecologia ed economia. Questo tema pone l’attenzione sulle strategie di governance e di partecipazione attuate dal Parco per gestire l’area naturale protetta e coinvolgere le comunità che ne fanno parte. In questo contesto le competenze teorico-metodologiche dell’antropologia possono giocare un ruolo importante, in termini di mediazione tra l’istituzione e comunità.
Omerita Ranalli (omerita.ranalli@gmail.com) (Università del Molise / SIMBDEA), Abitare i paesi di montagna: riflessioni dall’Appennino
Il contributo che qui si propone è stato elaborato nell’ambito di un percorso etnografico avente per oggetto le dinamiche di partecipazione delle comunità al patrimonio culturale, inteso e declinato nel quadro della Convenzione UNESCO del 2003 (e dunque con uno sguardo principalmente rivolto all’immateriale e a processi di patrimonializzazione che potremmo definire “istituzionali”) e della Convenzione di Faro del 2005 (maggiormente orientata sul diritto di partecipazione delle comunità al patrimonio, e dunque con un approccio più aperto e cooperativo), e il rapporto tra comunità, festa, paese, memoria, patrimonio, in alcune aree montane dell’Appennino. Un percorso da cui stanno emergendo progettualità, esperienze, voci che si intrecciano coi temi della rigenerazione territoriale e con la questione dell’abitare, ma anche con il mondo della ricerca e delle arti espressive, nel tentativo di mettere in dialogo tra loro le voci del paese con quelle, spesso troppo distanti, della città. Nei territori oggetto di indagine da alcuni anni sono in atto processi di resistenza all’abbandono e alla crisi attraverso forme di valorizzazione del patrimonio, ma anche attraverso il recupero e la messa a sistema di campi incolti o di pratiche di coltivazione e di allevamento a lungo dismesse. Dalle iniziative individuali o di gruppo, passando per il contributo attivo delle cooperative di comunità, queste esperienze possono mostrarci un nuovo modo di abitare i paesi e ripensare il territorio.
Marco Rossitti (marco.rossitti@polimi.it) (Politecnico di Milano); Giovanni Gugg (giovanni.gugg@unina.it) (Università di Napoli “Federico II”), Per il ritorno del sociale nella conservazione del patrimonio architettonico in aree interne: un approccio interdisciplinare
Nell’ambito delle politiche territoriali contemporanee, l’emersione di nuovi e complessi temi con cui le politiche pubbliche sono chiamate a confrontarsi si traduce in un rinnovato interesse per le aree interne, che da decenni assistono a processi di spopolamento, la cui severità rende ancora più evidente la necessità di un ritorno del sociale nelle politiche per questi luoghi. La presente proposta intende contribuire con una riflessione orientata a fornire delle risposte di tipo interdisciplinare nell’orizzonte contemporaneo, dinamico e plurale, degli urban studies, delle scienze del progetto e, più in particolare, delle decisioni per la conservazione del patrimonio architettonico. A partire dal caso studio di Morcone (Benevento), il contributo presenta un approccio metodologico che, facendo leva sulle potenzialità derivanti dall’incontro tra gli studi antropologici, la teoria della conservazione e la disciplina valutativa, mira a veicolare il riconoscimento del valore del patrimonio costruito da parte delle comunità locali nell’ambito di processi decisionali pubblici. La fertilizzazione incrociata delle discipline ha permesso un ascolto attento della comunità locale attraverso sopralluoghi, questionari e interviste: un processo di ricerca orientato a comprendere la relazione con il proprio patrimonio costruito e che, attraverso l’applicazione di una metodologia valutativa, ha permesso la trasposizione dei risultati in mappe di comunità.
Sabina Gala (sabinagala7@gmail.com) (Università di Perugia), Aree interne e piccoli paesi: problematiche e potenzialità di un ecomuseo in Valnerina
Nell’ambito della riflessione antropologica sull’abitare i territori “marginali”, sulle possibilità di sviluppo sostenibile e sul ruolo che i patrimoni culturali delle comunità rurali/montane possono ricoprire in termini di risorse, fornendo motivazioni per restare o tronare, si inserisce il dibattito contemporaneo sull’ecomuseologia, evocando le comunità di pratica e la Convenzione di Faro. La Valnerina perugina è un territorio di circa 920 kmq in cui sorgono dieci comuni che contano fra i 98 e i 4500 abitanti; il tema dello spopolamento è una questione rilevante per le amministrazioni locali, che spesso cercano nel turismo la soluzione al problema, inserendosi nella narrazione di una montagna bella, costellata di piccoli borghi, ideale meta di svago. In questo contesto esistono alcuni esempi di pratiche innovative, esperienze di sussistenza e permanenza sul territorio, fra cui i tentativi di valorizzazione del patrimonio culturale messi in campo dall’Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra, ideato dal CEDRAV. Capire se questo Ecomuseo possa essere un elemento di sostegno allo sviluppo locale e uno strumento utile per l’auto-riconoscimento delle comunità è una delle questioni a cui la ricerca (un dottorato comunale che prevede risvolti applicativi) tenta di rispondere, partendo dal punto di vista di chi resta creativamente, tentando di innescare nuove forme di socialità e sussistenza, che mettano al centro i rapporti umani, il rispetto del territorio, la qualità della vita.