La pandemia da Covid19 ha messo in evidenza che la crisi ambientale sta avendo effetti drammatici sulle comunità dei viventi. La globalità dei fenomeni rende evidente la fragilità dei sistemi, la crescita delle disuguaglianze sociali e l’emergere di nuove povertà. Il degrado e la distruzione di interi ecosistemi hanno seriamente compromesso il cibo di cui ci nutriamo, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo e ci sta facendo prendere coscienza dei legami che esistono tra la nostra salute e la salute degli ecosistemi. La transizione verso modelli di produzione agroecologica impone un ripensamento dei ruoli e delle funzioni degli spazi (urbano, periurbano, rurale) e delle comunità che li abitano. Il paesaggio, inteso come spazio vivente che interagisce con gli ecosistemi, diviene il luogo di formazione e di negoziazione delle relazioni e dei significati. La crescente espansione delle aree urbane e l’abbandono di aree marginali ha compresso gli spazi e le diverse specie convivono in aree sempre più strette dove si sommano le diverse esigenze che mettono in crisi la capacità portante del territorio. Le componenti ecologiche di un paesaggio influenzano la produzione agricola, ripensata in relazione al suo impatto e alla qualità e salubrità dei prodotti. La pandemia ha messo in evidenza nuove attenzioni della popolazione verso la propria salute e alimentazione. Le comunità, forzatamente chiuse nei propri territori, hanno reinterpretato i loro ambienti, le relazioni con le altre specie e gruppi di cittadini hanno chiesto maggiore attenzione alla salubrità dei territori (referendum per incentivare biodistretti, potenziamento gruppi di acquisto solidale, attività di formazione e informazione). Come si può riconfigurare il rapporto tra produzione agricola e territorio? Quali spazi potrà occupare l’agricoltura e in quale modo? Quale modello in interdipendenza si è sviluppato durante la pandemia e si profilerà nel futuro? Ci sono modelli in agricoltura che permettono una nuova relazione tra esseri umani, specie viventi e territorio e che non siano impattanti? Ci sono soluzioni adattate dal passato che possono fornire nuovi spunti di riflessione per rimodulare la relazione tra spazi antropizzati e spazi naturali? Ci sono approcci teorici e applicazioni pratiche degli stessi che permettono la creazione di nuove relazioni di fiducia tra produttori, consumatori e comunità? Le comunità e gli agricoltori stanno mostrando delle forme innovative di resilienza e i ricercatori (antropologi, sociologi, storici) stanno indagando questi campi di ricerca che mostrano delle risposte applicative alle questioni sollevate dalla crisi climatica e sanitaria. Questa nostra proposta vorrebbe discutere case study che documentino ricerche fatte durante il lockdown Fase 1 o il periodo successivo (Fase 2 e attuale), che mostrino il successo o il fallimento di pratiche di adattamento alla situazione contingente e che permettano una riflessione ampia riguardo la possibilità di ripensare le relazioni dialogiche con l’ambiente.
Keyword: Agroecologia, Paesaggio, Antropologia rurale, Resilienza, Agricoltura postpandemica
Riferimenti bibliografici
- Altieri M. 2018, «Agroecology: creating synergies between human and natural capital in the management of agrobiodiversity for food provisioning and resiliency», in Paracchini M. L., Zingari P. C., Blasi C.(Eds.), Reconnecting natural and cultural capital contributions from science and policy, Joint Research Centre (JRC)
- COM 2020. Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 – Riportare la natura nella nostra vita.
- Forno, F., Weiner, R. R. (Eds.), Sustainable Community Movement Organizations: Solidarity Economies and Rhizomatic Practices, Londra: Routledge
- Van Aken M., 2020, Campati per aria, Milano: Eleuthera.