Nei lavori preparatori a La fine del mondo, tra le fonti documentarie utili a cogliere l’immaginario apocalittico diffuso nel mondo contemporaneo, Ernesto de Martino ricorda più volte la “fantascienza euroamericana”. Nel 1964 arriva a partecipare a una tavola rotonda sull’argomento per la rivista della RAI Terzo programma. È il periodo in cui va in cerca di “scandali etnografici” anche nelle società di massa moderne e secolarizzate, chiedendosi quali forme prenda al loro interno il “terrore della storia”, e con quali dispositivi di protezione e riscatto – non più mitici e religiosi – lo si possa affrontare. Queste forme non si danno più a vedere in momenti rituali circoscritti, come per la magia o il tarantismo: si manifestano piuttosto in ampie configurazioni culturali che circolano attraverso i canali della comunicazione di massa. Da qui l’importanza di generi come la fantascienza, particolarmente legata alle suggestioni apocalittiche – da intendersi sia come catabasi che come anabasi, immaginario di fine del mondo e di ingresso in quello che chiamava “un mondo migliore”.
De Martino era particolarmente interessato agli immaginari catastrofici, distopici e utopici. Ma sarebbe stato ugualmente possibile riflettere sul gioco della Sci-Fi con simboli (come le junghiane “strane cose che si vedono nei cieli”) fortemente legati al sacro e alla sua epifania, nella duplice accezione di fascinans e tremendum; così come sulle figure di un’umanità trasformata nel rapporto col mondo animale e tecnologico (il robot, l’androide, etc.). Piuttosto che presentarsi come una bizzarra periferia disciplinare, l’analisi antropologica della fantascienza è un tema innestato al centro della stessa tradizione italiana di studi (che pure non ne ha seguito le potenzialità, preferendo più convenzionali percorsi folklorici).
Questo panel intende riprendere la riflessione sulla fantascienza nelle sue diverse dimensioni, analizzando da un lato le relazioni epistemologiche tra antropologia e fantascienza (impegnate da angolature diverse a rappresentare l’Altro), e dall’altro i mutamenti negli scenari immaginativi (utopie e distopie, inquietudini, terrori e forme di salvezza, implicazioni morali e politiche) che separano la Sci-Fi di oggi da quella dei demartiniani anni ’60. Rientrano nel quadro anche altre forme di “gioco col tempo”, oltre a quelle letterarie e cinematografiche: ad esempio le performance rievocative e di cosplay, i giochi di ruolo elettronici o dal vivo, nonché i rapporti fra passato e futuro che caratterizzano certe forme di valorizzazione della storia e del patrimonio culturale.
Keyword: futuro, antropologia, fantascienza, “terrore della storia”, Lar-/time-/cos-play
Riferimenti Bibliografici
- Sergio Solmi, Carlo Fruttero, a cura di, Le meraviglie del possibile, Torino, Einaudi, 1959.
- Ernesto de Martino et.al., Fantascienza, tuniche e miti nel cinema contemporaneo, “Terzo Programma”, 4, 1964, pp. 146-57.
- George E. Slusser, Erik S. Rabkin, eds., Aliens. The Anthropology of Science Fiction, Southern Illinois University, 1987
- Cultural Heritage and the Future Edited By Cornelius Holtorf, Anders Högberg, Routledge, 2021