La pandemia di Covid19 ha fatto emergere diversi nodi irrisolti dell’attuale sistema socioeconomico, in particolare i limiti di un modello fondato su processi estrattivi sregolati e su politiche dell’abbandono. Gli strumenti e le risorse introdotti finora non sembrano essere riusciti a scardinare quella stessa cosmologia che nutre l’attuale situazione sanitaria. Ciò conferma quanto sostenuto a più riprese – tra altri – da Mark Fisher: cioè che la nostra epoca è caratterizzata da un atteggiamento definito realismo capitalista (Fisher 2018), la convinzione che il capitalismo sia l’unico sistema politico-economico realistico e possibile. In misura sempre maggiore, infatti, è preponderante la percezione che le relazioni sociali, le concezioni e le forme di soggettività capitaliste siano inevitabili e, dunque, impossibili da sradicare (Fisher 2019). Di fatto, la pandemia ha realizzato la cesura definitiva con l’epoca che ha creduto al futuro come orizzonte di senso e di azione politica, culturale, sociale ed economica (Berardi 2013).
Il tempo che verrà sembra essere la vittima illustre di questo processo: per la maggior parte delle persone il futuro oggi appare non solo sfocato, ma piuttosto impossibile da immaginare, svanito, scomparso. Gli spettri del passato non abitano più solo il presente, ma affollano già gli immaginari relativi a ciò che deve ancora venire, di fatto proiettando la nostalgia verso il futuro.
Gli attori sociali più colpiti da questo processo di impoverimento immaginativo sembrano essere coloro che, in forme eterogenee, subiscono una perdita. La perdita del lavoro, dell’abitazione, della vita propria o altrui, dell’ambiente, della salute, dei legami famigliari, del senso di appartenenza, sono solo alcuni casi di un più ampio processo di privazione dovuta a spossessamento.
Tuttavia, lo sgretolamento della capacità di immaginare il futuro apre spazi di riflessione critica e di creatività culturale (Bryant, Knight 2019). In un certo modo afferma la necessità di ridefinire (o abbandonare) alcune concezioni che hanno strutturato le idee di futuro più congeniali all’umanità del XX secolo, quali per esempio quelle di progresso, modernità, evoluzione, sviluppo.
L’antropologia, grazie alla profondità etnografica, ha la capacità di far emergere le logiche attraverso cui le forme di immaginazione del futuro vengono rielaborate, si trasformano, svaniscono, a partire da diverse forme di perdita e di privazione. Il presente panel accoglie proposte che interpretino etnograficamente queste dinamiche a partire dall’opera di Mark Fisher, con l’obiettivo di sondare, da un lato, le potenzialità della nozione di realismo capitalista e, dall’altro, l’elaborazione culturale della perdita e della sparizione del futuro.
Keyword: Future, Capitalist realism, Loss, Mark Fisher, Anthropology
Riferimenti bibliografici
- Berardi, F., 2013, Dopo il futuro. Dal futurismo al cyberpunk. L’esaurimento della modernità, Deriveapprodi, Roma.
- Bryant R., Knight D.M. 2019, The Anthropology of the Future, Cambridge University Press, Cambridge.
- Fisher, M., 2018, Realismo capitalista, Produzioni Nero, Not, Roma.
- Fisher, M., 2019, Spettri della mia vita. Scritti su depressione, hauntologia e futuri perduti, Minimum Fax, Roma.