6 Dicembre 2020

Frank Cancian, un ricordo

Francesco Faeta ricorda la figura del fotografo Frank Cancian, scomparso il 25 novembre 2020

Di Francesco Faeta

Nato negli Stati Uniti, a Stafford Springs, nel  Connecticut, nel 1934, da genitori italiani, Frank Cancian si è spento a Irvine, in California, il 25 novembre 2020.

Laureatosi presso la Wesleyan University di Middletown (sempre nel Connecticut), con una tesi di terreno dedicata alla vita dei native Americans della riserva di Fort Apache, nell’Arizona, e conseguito il dottorato in Antropologia Sociale a Harvard, nel 1963, la brillante carriera accademica di Cancian è iniziata con il ruolo di Instructor of Social Anthropology presso l’Harvard University, nel biennio 1963-’64; è proseguita con quello di Assistant Professor e di Associate Professor, rispettivamente presso la Stanford University e la Cornell University, nel periodo 1964-’69; è culminata con il conseguimento del titolo di Full Professor, ancora presso la Stanford, nel 1969. L’antropologo ha poi insegnato presso l’University of California Irvine (UCI) sino alla data del suo ritiro, avvenuto, nel 1999.

Attivo e presente sulla scena nazionale e internazionale sino a poche settimane prima della sua scomparsa, Cancian si è sempre distinto per la tensione etica e politico-sociale con cui ha condotto le sue ricerche e la sua vita di studioso e di accademico.

Il suo percorso d’indagine è iniziato, appena conclusa la laurea, con un fieldwork nel Mezzogiorno, svolto nel 1957, da gennaio a giugno, a Lacedonia, in provincia di Avellino, con il sostegno di un Fulbright Grant e l’indirizzo di Tullio Tentori, all’epoca importante punto di riferimento per gli studiosi americani in Italia. Il lavoro di Cancian in Irpinia, di cui egli ha parzialmente reso conto in un impegnativo saggio del 1960 (The Southern Italian Peasant: Word View and Political Behavior, “Anthropological Quarterly”, 34, 1, 1960: 1-18), incentrato su una rivisitazione critica, alla luce delle sue esperienze di terreno, del notissimo volume di Edward Banfield relativo al familismo amorale (The Moral Basis of a Backward Society, 1958), s’inseriva, con prese di posizioni originali e determinate (notevoli per la giovane età dell’autore, poco più che ventenne), nel vasto e complesso movimento di esplorazione della parte meridionale e insulare della Penisola, condotto dall’immediato dopoguerra agli anni Sessanta (e oltre) da numerosissimi studiosi di scienze sociali, italiani e stranieri; e tra questi ultimi, particolarmente, americani.

Dopo l’esperienza italiana, giunto a Harvard, Cancian che, come si è scritto, aveva già avuto un’esperienza di studio relativa ai nativi americani, approdò presso il Department of Social Relations e presso Evon Zartman Vogt, Jr. Questi, americanista con vasta esperienza delle popolazioni indigene del Messico, durante i suoi anni come assistente, assieme a Clyde e Florence Kluckhohn e a John M. Roberts, aveva co-diretto il “Ramah Project”, la cui denominazione formale era “The Comparative Study Project of Values in Five Cultures”. Un interesse, quello di Voght, per lo studio dei valori culturali e per l’analisi comparativa (dedotto dal method of controlled comparison del suo professore, Fred Eggan), che influenzerà il nostro studioso. Voght, d’altra parte, fu ideatore, promotore e direttore, tra molteplici suoi incarichi e cariche, dell'”Harvard Chiapas Project” e massimo esperto riconosciuto dell’area di Zinancantan, in cui andrà a lavorare, dopo un iniziale periodo di studio e familiarizzazione con le lingue native (Náhuatl  e Tzotzil ) a San Cristobal de las Casas, accanto ad altri allievi di prestigio di Voght, Cancian. In Chiapas, e in particolare nella comunità di Zinacantan, l’antropologo opererà per oltre un trentennio, rendendo conto delle sue ricerche in numerosi saggi apparsi in volumi collettanei o su accreditate riviste nazionali e internazionali e in  quattro monografie che hanno stabilito punti fermi rispetto all’economia del cargo cult, alle dinamiche dello scambio ineguale, ai rapporto intercorrenti tra economia, vita pubblica e stratificazione sociale nell’area indagata (1) .

Più recentemente gli interessi dello studioso si sono appuntati su fenomeni interstiziali della società americana contemporanea, come a esempio quello delle housecleaners della Contea di Orange in California o delle dinamiche collettive e delle prossemiche spaziali della stessa università e dei suoi abitanti.

E queste ultime ricerche, condotte con il preponderante impiego della macchina fotografica, consentono d’introdurre a un’importante tratto dell’attività di Cancian. A partire dalla prima esperienza con gli Apache e poi dalla fondamentale, in questa prospettiva, esperienza italiana, lo studioso si è, infatti, andato qualificando sempre più, nel corso della sua carriera, oltre che come antropologo, come fotografo e cineasta, realizzando immagini relative ai suoi terreni di ricerca, soprattutto in America Latina e particolarmente in Messico, sede elettiva, come si è visto, del suo impegno scientifico maturo (2). Cancian è stato, dunque, una di quelle (poche) figure che, offrendo un contributo rilevante alla vicenda della fotografia sociale, hanno riassunto nella medesima persona i due ruoli di studioso e operatore visivo, con un apporto critico interessante, che s’inserisce in uno dei nodi più dibattuti della problematica scientifica dell’etnografia e dell’antropologia contemporanea.

Per quel che concerne il nostro Paese, giunto a Lacedonia, Cancian, accanto al suo impegno di studio, e con un’ attenzione critica certamente non minore, iniziò a fotografare sistematicamente la vita culturale e sociale locale, lasciandocene un ritratto etnografico (1801 negativi, formato Leica, bianco e nero) di grande pregnanza e nitore, realizzando un’inchiesta di comunità che mostra un piglio critico assai definito e che appare caratterizzata da una profonda empatia per il luogo e i suoi abitanti. Del paese l’antropologo traccia un ritratto a tutto tondo, con attenzione alle dinamiche degli spazi sociali (pubblici e privati), alle relazioni interpersonali, ai modelli di comportamento, all’ambiente paesano e al paesaggio agrario, alle abitazioni, alla scuola e al lavoro, alle occasioni rituali e festive; ai singoli attori sociali infine, descritti con straordinaria capacità introspettiva (3). E la descrizione fotografica di Cancian, saldamente ancorata alle ragioni della fotografia sociale americana, nitida e rigorosa nel suo realismo critico, si apre in direzioni sperimentali per l’epoca pionieristiche, con un uso frequente della sequenza spazio-temporale, dei dittici e dei ritratti in più fotogrammi e con una frequente e consapevole intrusione dell’autore nel campo stesso della rappresentazione.

***

Sin qui quanto attiene al mio dovere di ricordare brevemente ai colleghi della nostra Società aspetti salienti della figura scientifica dello studioso scomparso. Permettetemi ora di aggiungere, in chiusura, una breve nota personale. Con Frank ho lavorato per circa nove mesi, tra due continenti, tra due proibitivi fusi orari, tra due tastiere e due schermi, tra decine e decine di email, colme di domande, di schemi, di prospetti, di notizie di prima mano, con numerosi scambi di fotografie, con la generosa spedizione, da parte sua, dei suoi principali saggi e volumi e di una notevole quantità di immagini più recenti, realizzate sui terreni di ricerca o semplicemente nei suoi più recenti viaggi in Italia, Paese che continuava ad amare molto. Non ci siamo mai incontrati direttamente. Aveva acquistato i biglietti per l’Italia, per essere presente, assieme alla moglie Francesca, all’inaugurazione della mostra, dedicata al suo lavoro a Lacedonia, realizzata presso il Museo delle Civiltà in Roma, ad aprile, di cui si dà conto nella nota 2. L’inaugurazione fu rimandata a causa delle ben note restrizioni legate alla pandemia; era molto dispiaciuto di non poter tornare in Italia, ma era fiducioso che avrebbe potuto farlo più tardi, nel momento in cui, stante la situazione sanitaria, avessimo deciso di aprire l’esposizione e di presentare il volume che l’accompagna. Quando questo, per una manciata di giorni prima delle nuove restrizioni, è sembrato possibile, Frank non stava più bene e un suo viaggio in Italia non era proponibile. Mi è parso che l’unica cosa da fare fosse tenerlo aggiornato, giorno dopo giorno, anche tramite Sarah Shiori Mahoney, sua assidua collaboratrice e assistente, su quanto andavamo facendo, su quanto accadeva, sulle motivazioni dei nostri ritardi e delle nostre difficoltà (che lui, del resto, ben comprendeva). Quando ha avuto tra le mani copia del libro che avevamo realizzato e che l’editore gli aveva inviato in tutta fretta appena uscito dalla tipografia, quasi presentando che i tempi fossero assai stretti, mi ha scritto che quello era uno dei giorni più gratificanti e felici della sua vita professionale (e non solo).

               Vorrei riflettere meglio su questa esperienza di lavoro, dentro una comune koinè che ci lascia intendere pur senza conoscersi direttamente o a fondo, su questa possibilità di comunicazione a distanza, su questa umana condivisione dentro un progetto scientifico; sono io stesso, oggi, incapace di decifrare a pieno il significato di molte cose che in questi mesi sono accadute. Qualcosa di certo, però, posso scriverlo, ho conosciuto un amico, generoso, nobile, modesto e fiero oggi come colui che guardava fisso in macchina i suoi amici italiani dai suoi vent’anni. E’ stato uno straordinario privilegio.  

(1) Cfr. F. Cancian, Economics and Prestige in a Maya Community: The Religious Cargo System in Zinacantan, Stanford, Stanford University Press, 1965; Id., Change and Uncertainty in a Peasant Economy: The Maya Corn Farmers of Zinacantan, Stanford, Stanford University Press, 1972; Id., The Innovator’s Situation: Upper Middle Class Conservatism in Agricultural Communities, Stanford, Stanford University Press, 1979; Id., The Decline of Community in Zinacantan: The Economy, Public Life, and Social Stratification, 1960 to 1987, Stanford, Stanford University Press, 1992.

(2) Per un significativo esempio di tale produzione cfr. F. A. Cancian, A Photo-Ethnography of the White Montains Apache, Wesleyan University, Honors College, Class of 1956; F. Cancian, Another Place: Photographs of a Maya Community, San Francisco, The Scrimshaw Press, 1974; Id., Orange County Housecleaners, Albuquerque, University of New Mexico Press, 2006.

(3) I negativi relativi a questa ricerca, corredati da provino analogico, unitamente alle riproduzioni digitali, curate dall’autore stesso e a materiali di contorno, tra i quali i taccuini di terreno, sono stati donati al Museo Antropologico Visivo Irpino (MAVI) di Lacedonia e, secondo le volontà dell’autore, sono a disposizione degli studiosi. Per un significativo riscontro del lavoro dell’antropologo nel paese, si veda la mostra Un paese del Mezzogiorno italiano. Lacedonia (1957) nelle fotografie di Frank Cancian, in corso presso il Museo delle Civiltà in Roma e il correlato volume F. Cancian, Un paese del Mezzogiorno italiano (a cura di F. Faeta), Roma, Postcart, 2020; del volume è stata pubblicata un’edizione internazionale con testi in Inglese.  

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