In Armi, acciaio e malattie Jared Diamond (1998) suggerisce che, ancora più della tecnologia e delle armi, sono sempre stati gli agenti patogeni i primi responsabili della decimazione dei gruppi nativi a seguito di contatti con gli europei: questo non è il caso del COVID-19, tuttavia, dall’inizio della pandemia, le ondate successive alla prima, unitamente alle nuove varianti del virus che circolano, hanno avuto un impatto ancora più negativo sui gruppi nativi in diverse aree del mondo, evidenziando, in molti casi, ritardi nelle somministrazioni delle cure e dei vaccini soprattutto tra quei gruppi già marginalizzati.
È indubbio oggi che pandemia sia stata una minaccia gravissima anche per le comunità indigene in tutto il mondo, tanto che il Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite ha fatto appello agli Stati membri e alla comunità internazionale affinché le esigenze e le priorità specifiche dei gruppi nativi fossero tenute in considerazione nell’affrontare l’emergenza globale del Covid-19 (UN/DESA, 2020).
In alcuni casi le comunità indigene hanno mostrato una grande varietà di reazioni per far fronte alla pandemia: in alcune aree le autorità native locali hanno adottato l’isolamento volontario dei loro territori, disponendo la chiusura dei porti e il divieto di attraccare per le navi da crociera (Favole, 2020), in altre hanno chiuso i confini e istituito veri e propri checkpoints, in altre ancora hanno annullato manifestazioni, festival e altri eventi di grande portata per cercare di ridurre l’effetto dei contagi (www.culturalsurvival.org).
Ciò che oggi sappiamo su come i gruppi nativi stanno affrontando la pandemia rappresenta, tuttavia, solo la punta dell’iceberg: Keck, Kelly e Lynteris affermano infatti che l’epidemia, ancora prima di essere studiata come malattia in sé e come stravolge le relazioni sociali, va indagata nei suoi «modi di anticipazioni, visualizzazione, fictionalizzazione e materializzazione» (2019, p.2).
A tal proposito poco si sa, ad esempio, su quali interpretazioni sono maturate nei contesti indigeni, quali spiegazioni sono state elaborate. La pandemia è vista come una “malattia dei bianchi” o come una sorta di punizione per aver violato il rapporto con le risorse naturali, secondo narrazioni abbastanza diffuse a livello etnografico o esistono altre ontologie di riferimento? Esistono poi prassi tradizionali, nonché misure preventive, che intrecciano pratiche religiose con la conoscenza della medicina locale, che si impiegano nel tentativo di contrastare la pandemia. L’intrusione di nuovi rituali basati sulla scienza (come test, tamponi) e su nuove dinamiche sociali (come il distanziamento o l’obbligo di restare in casa) possono essere accettate, ma non sempre comprese, nell’attesa di risposte efficaci su larga scala – quali lo sviluppo di terapie e vaccini – che tardano a venire. È interessante analizzare dunque nei contesti nativi i processi di trasformazione del rituale e in parallelo il grado di apertura nei confronti cooperazione internazionale (Strathern and Stewart, 2021). Comprendere i valori di religiosità, dinamiche sociali e la percezione stessa dell’importanza della ricerca medica saranno essenziali nell’inquadramento di scenari futuri.
Il panel che proponiamo è rivolto a tutti quegli studiosi che, al momento dello scoppio del COVID-19 si trovavano sul campo e sono riusciti a condurre una ricerca etnografica sul rapporto pandemia-gruppi nativi, ma anche a coloro che in questi mesi hanno tenuto i contatti con i loro interlocutori o si sono interessati a capire cosa ha portato i gruppi nativi ad adottare determinate misure per arrestare la diffusione del virus.
Keyword: gruppi nativi, epidemie, risposte, misure, indigenous studies
Riferimenti bibliografici
- Diamond J. (1998), Armi, acciaio e malattie, Torino, Einaudi.
- Keck F., Kelly A.H. and Lynteris C. (2019), Introduction: the Anthropology of Epidemics, in Keck F., Kelly A.H. and Lynteris C. (Eds), The Anthropology of Epidemics, London, Routledge, pp. 1-24.
- Favole A. (2020), Uragano COVID-19. Timori e risposte locali negli oltremari, in Favole A. (a cura di), L’Europa d’oltremare: culture, mobilità, ambienti, Milano, Raffaello Cortina, pp. 213-230-
- Strathern A.J. and Stewart P.J. (2021), Epistemological Blending in Anthropological Analysis, in. Strathern A.J. et al. (Eds), Dealing with Disasters, Perspectives from Eco-Cosmologies, Cham, Palgrave MacMillan/Springer, pp. V-VIII.