In ricordo
Il 6 gennaio del 2024, a quasi cent’anni, se ne è andato Giuseppe Profeta, per molti anni professore ordinario di Discipline Demoetnoantropologiche in diversi Atenei italiani. Il decesso è avvenuto nella sua casa-museo di Teramo, piena di collezioni di oggetti antropologici, costituite da quasi cinquemila bottiglie e vasi antropomorfi.
Nato nel 1924 ad Arsita (TE), nipote di mezzadri e figlio di un sarto, diventa maestro e direttore didattico, seguendo contemporaneamente le lezioni di Paolo Toschi a Roma, consegue la libera docenza in Storia delle tradizioni popolari e ben presto arriva all’ordinariato in Sociologia generale e Demo-Etno-Antropologia. Insegna nelle Università della Calabria, dell’Aquila, di Chieti e di Teramo; dirige istituti universitari; è preside di Facoltà. Dirige, per oltre un ventennio, la sezione italiana della Internationale Volkskundliche Bibliographie, coordina collane e presiede la Federazione Italiana Tradizioni Popolari. Al pensionamento viene onorato con l’opera Centiscriptio, curata da Marcello De Giovanni.
Le sue ricerche si incentrano sull’Abruzzo, a cominciare dai Canti nuziali nel folklore italiano (Olschki, 1964), per continuare con la Bibliografia delle tradizioni popolari abruzzesi (Ed. dell’Ateneo, 1964), tema ripreso quarant’anni dopo con la monumentale Bibliografia della cultura tradizionale del popolo abruzzese (Colacchi, 2005). Si segnala soprattutto La logica del recipiente e l’antropomorfismo vascolare (Olschki, 1973), ripubblicato nel 2020 con prefazione di Pietro Clemente.
Giuseppe Profeta studia il culto di San Domenico abate a Cocullo, del quale, tramite un profondo lavoro d’archivio, individua motivazioni e funzioni. Un culto pastorale sull’Appennino (Libreria dell’Università, 1988), Lupari, incantatori di serpenti e santi guaritori (Japadre, 1995), Il serpente sull’altare. Ecologia e demopsicologia di un culto (Japadre, 1998), e S. Domenico abate di Sora e di Cocullo (Colacchi, 2011), che nel 2014 ottiene il Premio Costantino Nigra, sono lavori molto apprezzati da Alfonso M. di Nola e che ci riportano, oggi, al lessico demologico di cui è intessuta la storia dell’antropologia italiana. Importanti, in tal senso, sono le pagine teoriche che dedica alla letteratura popolare, come Poesia e popolo nell’opera di Modesto Della Porta (1964), Magia, politica e società (1995), Le Sette Madonne Sorelle e la magnificazione del nume (1997), Le facce e l’anima del folklore. La logica della cultura tradizional-popolare (2000), Le Sette Madonne Sorelle e la magnificazione del nume. Avvio ad una demopsicologia delle credenze (Japadre, 1997).
Nel 2022, dona alla Biblioteca Regionale “Melchiorre Dèlfico” di Teramo biblioteca e archivio, dopo averli pazientemente riordinati secondo quell’intreccio sottile e raffinato tra interpretazione simbolica, materialismo culturale e museografia che contraddistingue la sua impostazione di “antropologo di altri tempi”.