Nuove tecniche di governamentalità emergenziale e resistenze dal basso: conflittualità e autonomia nell’Europa post-pandemica
Panel 04 / Quarto Convegno Nazionale SIAC “Il ritorno del sociale”, Sapienza Università di Roma, 21-22-23 settembre 2023
Proponenti: Osvaldo Costantini (Sapienza Università di Roma), Stefano Boni (Università di Modena e Reggio Emilia)
Abstract
Il panel affronta le novità nella dialettica governamentalità-resistenze nell’epoca della governance emergenziale. Assistiamo a un trascendimento degli stessi principi liberali e una parallela costruzione discorsiva basata sulla “tecnica” e sulla “scienza”, presentate come neutre razionalità negandone la natura di dispositivi ideologici e culturali. All’interno della società paiono svilupparsi sia nuove arti e retoriche di governo, sia nuove forme e linguaggi del contropotere. Per quanto riguarda il primo aspetto, ci appaiono evidenti la centralizzazione dei capitali, dei poteri e dell’informazione; l’aumento della digitalizzazione della vita e una gestione emozionale delle emergenze che si associa ai vecchi meccanismi della repressione e della criminalizzazione del dissenso. Dal lato delle resistenze ci interessa invece raccogliere etnografie delle nuove forme di opposizione sociale si sono generate dopo le fratture indotte dalla gestione pandemica. Al riaffacciarsi dei classici movimenti operai si affiancano forme inedite di attivismo:
– Il ritorno di una lettura di classe e/o le sue trasformazioni
– Nuove identità politiche;
– Il ritorno della dimensione spirituale nell’attivismo;
– Le trasformazioni dalle lotte salariali a quelle per l’autodeterminazione
– Il sostanziale disinteresse per uno sbocco elettorale e la costruzione di reti che mirano a generare tessuti sociali auto-sufficienti da un punto di vista medico, alimentare, energetico, scolastico, abitativo.
Keywords: movimenti sociali, emergenze, tecnica, contropotere, resistenza
Lingue accettate: Italiano / English
Sessione I
Venerdì 22/9/23, ore 14.30-16.15, aula III Multimediale, Primo piano
Corinna Santullo (corinna.santullo@uniroma1.it) (Sapienza Università di Roma), Gestione pandemica: pratiche di disobbedienza e forme di socialità alternative
Durante la pandemia di Covid-19 il senso di spaesamento e di abbandono da parte dello stato ha radicalizzato posizioni critiche, diffuso sfiducia nei confronti delle istituzioni e dato impulso a pratiche inedite di resistenza. Ciò ha contribuito a mettere in moto la creazione di molteplici gruppi a “contrasto” delle misure di contenimento del virus, alcuni dei quali si sono poi convertiti in movimenti no-green pass. Allo stesso tempo si assiste all’ampliamento di quelle individualità che cercano un modo “diverso” dello stare al mondo, attraverso la costruzione di micro-comunità territoriali basate su forme di mutuo aiuto e assistenza, sulla condivisione e sull’autonomia. Per le persone incontrate durante il mio lavoro di ricerca sulla renitenza alle vaccinazioni, i diversi modi – emersi durante la pandemia – in cui esse si organizzano come movimenti in seno alla società, composti da una platea ben più ampia ed eterogenea dei soli anti-vaccinisti, paiono offrire la possibilità di influenza politica in un contesto segnato dal deterioramento delle condizioni materiali ed esistenziali. Il corpo è, dunque, posto al centro di un complesso intreccio di forze politiche e di proiezioni simboliche, divenendo un luogo di conflitti sociali e medici, di potere, di privazione, ma anche luogo di rivendicazione di libertà sulla scorta della percezione dell’essere privati di autonomia e di autodeterminazione.
Domenico Maria Sparaco (domenicomaria.spa@student.unisi.it) (Università di Siena), «Il corpo è mio e me lo gestisco io»: resistenze, immaginari e forme dei movimenti no-Green Pass e No-Covid-vax
La sindemia di Covid-19 ha colonizzato gli immaginari, i discorsi e le pratiche di molte società, in particolar modo nel contesto italiano, dove la gestione emergenziale e il confinamento che ne è seguito hanno impattato sulle nostre vite. La governamentalità pandemica ha prodotto però anche delle controcondotte, che si sono manifestate più diffusamente con la campagna vaccinale e gli obblighi che l’hanno contraddistinta, a partire dalla controversa introduzione del “Green Pass”. Senza cedere alle essenzializzazioni mediatiche e al dualismo da loro tracciato (Sì-vax/ No-vax), scopo del mio intervento sarà riflettere sul movimento (bio)politico che si è creato attorno al vaccino anti Covid-19 e sulle sue propaggini. L’intervento seguirà la traiettoria etnografica di una ricerca ancora in corso di svolgimento sui movimenti per la libertà vaccinale e sulle loro intersezioni politiche e cosmologiche. Alla luce anche di altri contributi teorici, traccerò dei lineamenti della politicizzazione dei vaccini e del fronte che vi si è costituito intorno.
Annalisa Garzonio (an.garzonio@gmail.com) (Università dell’Insubria), Gestione pandemica e impatto socio-sanitario nell’universo della gravidanza e del parto. Quali possibilità di ripensamento della salute e quali forme di resistenza emergono? Uno sguardo antropologico
La mia proposta nasce dalla volontà di svolgere un’indagine antropologica sulle conseguenze sanitarie e politiche del Coronavirus all’interno dell’universo della gravidanza e del parto, con un focus specifico su quelle che sono le forme di resistenza messe in atto dalla popolazione e dagli operatori/trici sanitari/e per farvi fronte. L’obiettivo è esplorare in che modo gli ambiti del sistema natale italiano sono stati impattati dall’emergenza sanitaria. Inoltre intendo individuare quali risposte autonome e sacche di resistenza siano state create per fronteggiare il paradigma liberticida messo in atto dal sistema socio-sanitario. L’esperienza del parto, artefatto socio-culturale attraverso cui è possibile far emergere i meccanismi attraverso i quali il potere politico si esercita, diviene il luogo privilegiato per sovvertire culture e saperi dominanti. Congiuntamente rifletterò sui processi di naturalizzazione che hanno accompagnamento l’inasprimento di pratiche legate alla separazione e all’interventismo. Ho svolto 50 interviste ad operatrici/ori sanitari della Regione Lombardia e altrettante donne. Ho raccolto esperienze di accompagnamento alla nascita incentrate su un modello di salute ed essere umano sconosciuti al sistema bio-medico, esempi virtuosi che mostrano come la salute debba essere messa al centro. Spero che il mio contributo possa arricchire la riflessione intorno alla necessità di ripensare l’assistenza alla nascita così come il sistema di cura più generale.
Chiara Quagliariello (chiara.quagliariello@ehess.fr) (École des Hautes Études en Sciences Sociales), Governare le nascite, sorvegliare il lavoro procreativo: esperienze di maternità durante e oltre la pandemia
In un momento storico caratterizzato da particolari preoccupazioni riguardo al calo demografico che attraversa il nostro paese, l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza – in maniera inedita – le strategie e le tecniche governamentali volte al sostegno delle nascite. L’intervento si concentrerà sulle politiche e le ‘azioni riproduttive’ messe in atto in Italia di fronte all’emergenza sanitaria e, più generalmente, in risposta alla necessità di preservare le nascite prima, durante e oltre la pandemia. Al contempo, a partire da un lavoro di ricerca realizzato al tempo della pandemia e in fase post-pandemica, alcune delle domande a cui si cercherà di rispondere sono: fino a che punto la retorica discorsiva riguardo al ruolo della scienza e della tecnica, quali strumenti indispensabili nella lotta ai rischi, ha un impatto sui diritti sessuali e riproduttivi? In che modo le misure proposte dal governo sono assecondate, incorporate ed accolte dai soggetti secondo un meccanismo di biopolitica delegata? Ancora, fino a che punto le resistenze sorte dal basso hanno reso la pandemia un momento-chiave per riflettere in maniera critica sulle forme di interventismo dello stato sulla vita individuale e collettiva, tra cui rientra anche la ‘gestione securitaria’ del lavoro procreativo? Quanto la ricerca di alternative al modello tecnocratico e medico-centrato ha alimentato le forme di attivismo (digitale e non) intorno al tema della nascita?
Sessione II
Venerdì 22/9/23, ore 16.45-18.30, aula III Multimediale, Primo piano
Asia Beatrice Cosma (asiabc97@hotmail.it) (Università di Modena e Reggio Emilia), Razzismo istituzionale e gestione pandemica nei sistemi di accoglienza territoriali: una prospettiva etnografica
Nella violenza strutturale che contraddistingue le migrazioni contemporanee, burocrazia, politiche autoritarie e repressive messe in atto dalla legislazione italiana, intersecano il βίος fino ad opporsi ad esso e ai diritti fondamentali che dovrebbero consentire la sua piena realizzazione. In questo contesto, il “lasciapassare” verde si è concretizzato nell’ ennesima pratica disumanizzante, riguardante la priorità di essere regolari rispetto ad un documento (standardizzato e concesso dall’alto), in questo caso ad un codice, piuttosto che guardare al benessere della persona nella sua totalità. In questo contributo, portando l’esperienza di campo in qualità di operatrice dell’accoglienza, vorrei affrontare, da molteplici punti di vista, l’intersezione tra il razzismo istituzionale e le derive necropolitiche della gestione pandemica nelle patiche quotidiane di accoglienza sul nostro territorio. In particolare, mi soffermerò sull’ulteriore marginalizzazione che lo strumento del “lasciapassare” ha operato sui corpi dei migranti; tratterò della prassi del controllo e dei “bullshit jobs”1 nell’accoglienza in fase pandemica (e non solo); infine, mi dedicherò alla risposta dal basso e collettiva delle persone migranti, alle pratiche oppressive messe in atto co-continuità dai governi.
Mariaelena De Stefano (mary.destefano98@gmail.com) (Sapienza Università di Roma), Resistenza permanente. Un’etnografia del Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli
In seguito alle misure nazionali adottate per arginare la minaccia del virus Sars-CoV-2, alcune realtà comunitarie, profondamente radicate nel territorio di Napoli, hanno iniziato ad offrire delle contromisure per sopperire alle voragini collettive aperte nei punti in cui i DPCM non riuscivano ad arrivare: fra queste, il Movimento Migranti e Rifugiati. Nato per validare la presenza politica di attori invisibili e costantemente a rischio, è durante la crisi pandemica che il Movimento Migranti e Rifugiati si propone come alternativa all’offuscato panorama giuridico-sociale in vigore, vantando l’appoggio di un centro sociale come l’Ex OPG- Je so’ pazzo, conosciuto bene comune a livello regionale e nazionale, per tutte le iniziative dal basso volte ad incentivare una cittadinanza attiva e responsabile. Cittadinanza che passa per una solidarietà che cerca di contrastare quella sick society che ha permeato il tessuto profondo del nostro vivere collettivo, e che nel caso di migranti e rifugiati parte da un contrasto serrato alla discriminazione razziale nelle aree del lavoro, del supporto sanitario, finanziario e legale e nel processo di inserimento abitativo. Questo contributo si propone come un’etnografia degli attivisti e delle attiviste che animano i tentativi di costruzione reale di una società dell’inclusione, e contribuiscono alla creazione di nuove modalità di intendere il rapporto fra migrazioni e spazio locale.
Silvia Romio (silvia.romio@gmail.com) (Université Catholique de Louvain), Autonomia e dipendenze: forme di autogestione e solidarietà nelle comunità indigene durante la pandemia. Amazzonia peruviana
Il periodo pandemico, che in Perù coincide l’arco temporale va da marzo 2020 ai primi mesi del 2021, ha corrisposto a un momento eccezionale per i processi di trasformazione sociale: tanto per la loro inedita accelerazione che per la capacità di formulare interrogati inediti e stimolanti – in senso etico-politico- per il futuro. A tal proposito, particolarmente stimolanti sono stati i contesti indigeni amazzonici, ossia una delle zone definite come “marginali-periferiche”, o Zomia per Scott, dove la presenza dello Stato e del suo apparato burocratico sono storicamente assenti o estremamente fragili. Lo studio etnografico di due comunità indigene di differenti etnie (arakbut e yine) situate nella zona di Alto Mayo, nella regione di Madre de Dios (Perù sud-orientale), consentirà di analizzare le forme di autogoverno e autogestione delle risorse messe in atto dall’Assemblea Comunale durante la crisi pluridimensionale (economica, sanitaria, politica, ambientale) del 2020, le loro strategie di resistenza e resilienza e le capacità di costruire nuove frontiere geografiche e sociali di fronte a un pericolo imminente e invisibile.
Marco Leotta (marco.leotta4@gmail.com) (Università di Milano Bicocca); Bernard Masereka (bmasereka@gmail.com) (Rwenzori Ranges Hikers Association), Pratiche e politiche della cura: gestione pandemica e resistenze locali nell’area del Rwenzori (Uganda)
In seguito alla dichiarazione dell’OMS di pandemia da COVID-19, i diversi stati si sono attivati implementando diverse politiche di gestione del fenomeno. Guardando all’Africa subsahariana, specie all’Uganda, sottolineiamo come ciascun contesto abbia attivato dispositivi differenti quali una grande anticipazione sul lock-down, chiusura e forte riferimento all’isolamento e alla prevenzione. Questo ha avuto conseguenze rilevanti in termini economici e di salute, seppur non a fronte di un grande impatto effettivo sulla diffusione del patogeno. Con la seconda ondata si è assistito a un riorientamento dell’azione del governo a sostegno dei sistemi terapeutici locali, con particolare attenzione alla fitofarmacologia e conseguente burocratizzazione delle pratiche stesse, rafforzando le politiche di istituzionalizzazione dei saperi della cura. Tale processo di organizzazione e burocratizzazione delle terapeutiche locali trova origine nel passato coloniale del paese rispecchiando alcune delle caratteristiche proprie del governo indiretto e favorendo il riconoscimento delle pratiche erbalistiche, in quanto più facilmente iscrivibili in un sistema di cura che segue i criteri della farmacologia e dell’epistemologia biomedica. Attraverso le ricerche etnografiche realizzate nell’area del Rwenzori, fra la primavera e l’estate del 2022, abbiamo rilevato forme di resistenza nelle terapeutiche locali, specie da parte di quelle che non si basano eminentemente sui rimedi erbalistici.